Il nord del Burkina Faso sta attraversando una grave crisi umanitaria, per lo più passata sotto silenzio. Lo denuncia l’associazione LVIA – Servizio di Pace attiva nell’area di crisi insieme alle ong italiane AIDOS, CISV, Progetto Mondo MLAL, Terre des Hommes, Reach Italia, World Friends-GVC e alle ong euroopee IRC e CEAS e, con le associazioni locali CRUS e FNGN.
Molti sono i fattori che hanno determinato questa critica situazione che coinvolge, nelle regioni settentrionali del Paese circa un milione e mezzo di persone, secondo i dati ONU aggiornati al 17 febbraio 2020, molte delle quali donne e bambini.
Lo scorso anno si calcolava che 20.000 persone al mese si spostavano dalla regione verso altre aree del paese considerate più sicure. A febbraio 2020 il numero complessivo degli sfollati è di 765.500 persone, molti dei quali sono rifugiati presso familiari. Da sottolineare tuttavia che le famiglie di accoglienza sono a loro volta povere e con nuclei numerosi (6-10 persone) e a stento potranno sostenere una famiglia altrettanto numerosa a cui dare almeno acqua e cibo.
Molto di quanto sta accadendo è determinato dalla forte insicurezza causata dalle continue incursioni dei gruppi armati radicali in questa area del Paese, tanto da portare alla chiusura dei centri sanitari e delle scuole. Si calcola che siano state chiuse 2.410 scuole e che siano 318.000 i bambini ed i giovani privati dell’istruzione scolastica. I centri sanitari chiusi o in funzionamento minimo sono 273, in un’area che già scarseggia di servizi di base.
«Un grande problema che avrà delle ulteriori conseguenze per il futuro è inoltre la frattura sociale che gli attacchi dei gruppi estremisti stanno provocando nella popolazione. Tutto questo accade in un paese, il Burkina Faso, dove le diverse religioni ed etnie hanno sempre convissuto pacificamente», denuncia il presidente di LVIA Alessandro Bobba. A questo si aggiunge un rischio molto elevato di radicalismo da parte della popolazione, soprattutto i più giovani che, in assenza di lavoro, rischiano di arruolarsi nei gruppi armati.
A questa crisi di sicurezza si aggiunge la grave siccità, causata dall’impatto dei cambiamenti climatici sempre più grave nell’Africa subsahariana dove il fenomeno della desertificazione si amplia ogni anno di più. Per la popolazione di queste regioni, che nell’80% dei casi vive grazie all’agricoltura ed all’allevamento del bestiame, questa situazione provoca povertà, insicurezza alimentare e malnutrizione, sia acuta che cronica, soprattutto nei bambini.
In questo contesto, e di fronte alla crisi delle regioni del nord le Ong hanno attivato il Programma di rafforzamento della resilienza delle comunità vulnerabili nelle province di Soum e Loroum, realizzato con il contributo del Fondo Fiduciario d’Emergenza per l’Africa dell’Unione Europea. L’intervento, condiviso tra ONG e associazioni locali, si svolge nelle provincie del Soum e del Loroum in Burkina Faso, al confine col Mali.
Si è impegnati nelle zone dove vi è il maggior numero di sfollati, rispondendo ai bisogni primari della popolazione: con la prevenzione della malnutrizione e delle malattie materno-infantili, sessuali e riproduttive; con la promozione della coltivazione e del consumo della moringa come integratore alimentare, e con il miglioramento dell’accesso all’acqua potabile e all’igiene nei centri di salute.
Al programma hanno avuto accesso quasi 3.000 famiglie tra le più povere, le quali grazie al meccanismo del “cash transfer” hanno ricevuto mensilmente e per 16 mesi, una somma compresa tra 15 e 30 euro con cui acquistare cibo e far fronte alle spese più urgenti e necessarie.
Le famiglie sono state inoltre sostenute e seguite per avviare o rafforzare attività generatrici di reddito e per migliorare le capacità di produzione agropastorale, in modo che possano diventare fonti di sussistenza sicure. Inoltre, si è impegnati con le autorità locali, sostenendole con percorsi per il rafforzamento delle loro capacità di gestione delle crisi.
Le attività previste dal Programma sono rivolte, soprattutto, ad aumentare le capacità di resilienza della popolazione che vive in questa area, coinvolgendo direttamente 160.00 persone, pari al 43,4% degli abitanti di questa zona del Paese, delle quali 70.000 sono le donne ed i bambini sotto i 5 anni. Più in generale ne sono beneficiari indirettamente, con un programma per un migliore accesso ai servizi di base come acqua e igiene, 368.000 persone presenti in 6 comuni delle provincie coinvolte. A fianco al sostegno delle famiglie si aggiungono attività per la costruzione delle infrastrutture volte a migliorare le condizioni di vita di tutte le comunità.
A metà febbraio LVIA insieme alla federazione nazionale FOCSIV ha lanciato la campagna “The African Dreams” prodotta da Simonetta Blasi, Edgardo Laganà e Carlo Sgambato. Una Campagna con l’hashtag #AfricaTrustFund che pone il destinatario del messaggio pubblicitario dal punto di vista di chi in questo momento vive una situazione di grave crisi umanitaria, una persona che non intende andar via dal proprio paese ma, anzi, sogna di poter continuare a viverci in modo dignitoso, pacifico e con l’accesso alle più normali condizioni di sopravvivenza.