Seleziona una pagina

Un bambino su venti, nella fascia d’età fino ai 14 anni, è affetto da una qualche forma di disabilità. Complessivamente si parla di circa 93milioni di bambini e ragazzi che soffrono di diverse forme di esclusione e discriminazione, come il mancato accesso ai servizi sanitari e scolastici, specie quando questi scarseggiano. E per una bambina, la situazione può essere persino peggiore. Sesso e disabilità contribuiscono a creare una condizione di “doppia discriminazione” particolarmente penalizzante: rispetto ai maschi ricevono meno cure e meno cibo, vengono più facilmente escluse dalle relazioni familiari e dalle attività quotidiane.
Persino l’accesso all’istruzione è più difficile per una bambina con disabilità, anche se rapportato con le sue coetanee normodotate. Uno studio dell’Organizzazione mondiale della Sanità in 51 Paesi mette in evidenza come solo il 42% delle bambine con disabilità abbia completato la scuola primaria, contro il 53% delle bambine normodotate. Nel caso dei maschi le percentuali sono, rispettivamente, del 51% e del 61%.
Difficile, se non impossibile, avere dati attendibili su quanti siano i bambini con disabilità e una distinzione per genere. In Italia, ad esempio, non si sa quanti siano i piccoli con disabilità nella fascia d’età zero-cinque anni.
Ma le bambine e le ragazze “subiscono” gli effetti della disabilità anche in modi diversi. Anche quando sono in perfetta salute. Il lavoro di cura di un bambino con grave disabilità, ad esempio, è particolarmente impegnativo e faticoso per le madri. E così, spesso sono le figlie sane a prendersi cura e ad assistere i fratelli o sorelle con disabilità.
Discriminazioni ed esclusione rendono i bambini con disabilità più esposti ad abusi e violenze. L’indagine Unicef “State of the world’s children” riporta uno studio condotto in Norvegia che ha rivelato come le ragazze sorde siano due volte più esposte al rischio di subire abusi sessuali (e i maschi tre volte tanto) rispetto ai coetanei normodotati.
Inoltre, in molti Paesi, tra cui Stati Uniti e Australia le ragazze con disabilità vengono tuttora sottoposte a sterilizzazione forzata. Ancora nel 2009, l’European Disability Forum ha ribadito che la sterilizzazione forzata rappresenta “una forma di violenza che nega i diritti delle persone con disabilità a formare una famiglia, a decidere sul numero di figli che eventualmente vogliano avere, ad avere accesso a informazioni corrette sulla pianificazione familiare e riproduttiva e a vivere la propria fecondità su basi uguali a quella delle altre persone”. In Australia, i genitori possono decidere di sterilizzare le proprie figlie con disabilità dopo aver ottenuto l’autorizzazione di un giudice tutelare. Una decisione che – in alcuni casi – viene presa in buona fede, nella convinzione che la sterilizzazione possa consentire alle ragazze una condizione di vita migliore evitando loro gravidanze indesiderate.

Share This