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L’America Latina è la regione più violenta del mondo. Secondo dati dell’ Organizzazione degli Stati Americani (OEA 2016), pur essendo abitata da meno del 10% della popolazione mondiale in quell’area si commettono oltre il 30% degli omicidi del pianeta. Le Nazioni Unite confermano che, a fronte di una media mondiale di 6,9 omicidi ogni 100mila abitanti, in America Latina le vittime si quadruplicano, raggiungendo i 28 omicidi ogni 100 mila abitanti (dati OMS 2014). Non stupisce che nella triste statistica delle 50 città più violente del mondo ben 43 – e tra queste 18 delle prime 20 – siano latino americane.
Caratteristica particolarmente drammatica della situazione di violenza generalizzata nei paesi del Centro e Sud america è quella che si esercita su donne, bambine e adolescenti. Anche qui purtroppo si evidenziano tristi primati: ben 14 dei 25 paesi con il maggiore tasso di femminicidi del mondo si trovano in America latina (UN Woman 2015) e, secondo l’Osservatorio sulla Parità di Genere della CEPAL oltre 4.000 donne l’anno (pari a 12 al giorno) sono uccise per ragioni legate al loro genere.
Certo, il femminicidio è la forma più terribile e cruenta di dimostrazione dell’odio e della volontà di affermare il proprio potere da parte di alcuni uomini verso le donne e, paradossalmente, nella grandissima maggioranza dei casi verso la persona che in precedenza avevano dichiarato di amare e che in qualche modo ritenevano loro proprietà. Tuttavia è nella violenza sessuale, quella che non uccide fisicamente ma che lascia una ferita e un trauma irrimediabile che fa morire dentro, dove i numeri dei paesi latinoamericani sono a dir poco agghiaccianti. Secondo dati stimati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2013, probabilmente per difetto a causa della reticenza nell’effettuare le denunce, in America latina si realizzerebbero almeno 160.000 casi di violenza sessuale all’anno, una media di 500 casi al giorno. Dati terribili, non in diminuzione, anzi, tanto che le Nazioni Unite considerano i paesi latinoamericani come la zona più violenta nei confronti delle donne e dei bambini al di fuori dei contesti di guerra.
Pur essendo il tipo di violazione dei diritti umani in assoluto più diffuso al mondo, la violenza sessuale è anche uno dei crimini meno denunciati, soprattutto per l’umiliazione e vergogna alla quale è sottoposta la vittima, sommata alla generalizzata impunità di cui godono quasi sempre i responsabili, come spesso abbiamo denunciato con la Campagna Indifesa.
Proprio per questo gli abusi sessuali rappresentano un indicatore concreto del livello di diseguaglianza di genere e dei limiti oggettivi, da parte delle donne, per poter esercitare i loro diritti.
Questo clima di violenza generalizzata fa sì che bambine e adolescenti vivano in una permanente situazione di rischio di abusi, con frequenza anche sessuali, per la loro grande vulnerabilità.
Secondo l’UNICEF, oltre un milione di bambine e adolescenti latinoamericane, l’equivalente agli abitanti di una città come Firenze, hanno subìto abusi sessuali, nel 50% circa dei casi da un familiare o conoscente della vittima.
Varie analisi confermano che la violenza sessuale nei confronti delle minorenni solo in un terzo dei casi è esercitata usando la forza fisica, in quanto esse si sottomettono senza resistere per evitare danni maggiori. Se poi la violenza è esercitata da persone vicine alla vittima con un ruolo dominante, come spesso succede quando si tratta di minori, l’aggressore usa altri metodi di sottomissione senza necessariamente fare ricorso alla forza fisica.
A parte le gravi conseguenze psicologiche di queste violenze, occorre rilevare due effetti particolarmente negativi: le gravidanze precoci e i matrimoni forzati, che in America Latina sono soprattutto unioni di bambine e adolescenti con uomini adulti, spesso responsabili degli abusi. Numerosi studi (OMS, UNFPA, PROMSEX) hanno evidenziato come almeno il 60% dei casi di bambine e adolescenti minori di 16 anni che affrontano una gravidanza sono state vittime di violenza sessuale con uomini più grandi di loro dai 6 ai 19 anni.
Non esiste purtroppo una formula magica capace di eliminare la violenza e la sopraffazione, in particolare quella di genere. Esistono però condizioni per ridurne l’incidenza. Importanti sono le attività di prevenzione ed educative in favore di bambini e bambine per favorire l’empatia di genere e il rispetto reciproco fin da piccoli, come quelle che facciamo in molti dei progetti di Terre des Hommes. Ma certamente sono indispensabili politiche pubbliche che assicurino un accesso reale e diffuso ai diritti fondamentali di inclusione sociale, partendo da quelli di istruzione, salute, protezione e partecipazione sociale per chi vive in situazioni d’esclusione. Tali condizioni in America latina sono ancora molto lontane dall´essere accessibili a tutti e meno, se non per nulla, ai gruppi sociali più deboli.
Come dimostra chiaramente l’ultimo rapporto sulle disuguaglianze di Oxfam, oltre a essere la regione più violenta del mondo, l’America Latina è anche quella con le maggiori disuguaglianze sociali ed economiche. Purtroppo, finché queste disuguaglianze non saranno ridotte sarà molto difficile che i livelli di violenza diminuiscano.
Mauro Morbello, delegato di Terre des Hommes Italia in Perù

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