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Il governo della Sierra Leone ha finalmente cancellato “con effetto immediato” la legge (approvata nel 2015) che vietava alle ragazze incinte e alle ragazze madri di andare a scuola. La decisione è arrivata a fine marzo, dopo che lo scorso dicembre una sentenza della Corte di giustizia dell’Ecowas (la Comunità europea degli Stati dell’Africa occidentale) aveva ordinato l’immediata cancellazione di questa norma discriminatoria, che impediva a migliaia di ragazze di completare i propri studi, violando così il loro diritto all’istruzione. Bocciate anche le “scuole speciali”, istituite appositamente per le ragazze in stato di gravidanza e per le giovani madri perché rappresentano “un altra forma di discriminazione”. Il tribunale ha inoltre ordinato al governo della Sierra Leone di istituire programmi nazionali per aiutare le ragazze che avevano interrotto gli studi a tornare sui banchi di scuola.

Le conseguenze di Ebola

Già prima dell’epidemia di Ebola (scoppiata nel 2014), in Sierra Leone i tassi di gravidanze precoci erano molto elevati. Secondo i dati delle Nazioni Unite riferiti al 2013, il 28% delle ragazze di età compresa tra i 15 o i 19 anni era in stato di gravidanza o aveva partorito almeno una volta. L’epidemia di Ebola ha fatto aumentare in maniera esponenziale il problema.
La pandemia, infatti, non si è lasciata alle spalle solo migliaia di morti e famiglie distrutte. Ma ha anche esposto migliaia di bambine e ragazze al rischio di subire violenze e stupri. Mentre, le ragazze più povere hanno dovuto inventarsi qualche mezzo per sopravvivere. E per molte di loro, l’unico modo per farlo è stato il sesso a pagamento. Il risultato di questa situazione sono state migliaia -secondo alcune stime, circa 18mila– gravidanze non volute.
Con la fine dell’emergenza e la possibilità di un ritorno alla vita normale, il governo però aveva deciso di emanare una legge che vietava alle ragazze in gravidanza di frequentare le lezioni per evitare che dessero “il cattivo esempio” alle loro compagne di classe. Un provvedimento che, di fatto, ha escluso e penalizzato ulteriormente proprio le ragazze più povere e vulnerabili.

Coronavirus e nuovi rischi per le ragazze

Proprio mentre in Sierra Leone si festeggia la cancellazione di una legge ingiusta, le scuole di tutto il Paese sono state chiuse nuovamente per contenere la diffusione del Coronavirus. “I predatori sessuali prendono di mira le ragazze che normalmente sarebbero al sicuro nelle scuole e, come nel caso dei periodi di conflitto o di emergenza, l’accesso ai servizi medici o legali è molto più difficile”, commenta Judy Gitau, coordinatrice regionale per Equality Now.
Le scuole, solitamente, rappresentano uno spazio sicuro per le ragazze. Sono, ad esempio, la migliore forma di prevenzione possibile al matrimonio precoce. Ma quando le scuole sono chiuse per lunghi periodi le ragazze sono esposte a maggiori rischi. “Ricerche condotte da Human Rights Watch in diversi Paesi africani mostrano che i matrimoni precoci e, di conseguenza, le gravidanze, possono aumentare in maniera significativa nei momenti di crisi”, si legge sul sito dell’associazione.
I governi dei Paesi africani interessati dalla diffusione del Coronavirus sono quindi chiamati a mettere in atto misure che proteggono le ragazze mentre si trovano in quarantena. In tutto il mondo sono 15 i Paesi in cui più del 30% delle bambine della scuola primaria non siede sui banchi di scuola. Ben 13 di questi si trovano nell’Africa sub-sahariana. “I governi africani devono agire per evitare che questi numeri peggiorino ulteriormente a causa della pandemia“, chiede Human Rights Watch.

Gravidanze precoci, un problema africano

Per molti Paesi dell’Africa sub-sahariana le gravidanze precoci sono una drammatica realtà, spesso strettamente connessa ai matrimoni precoci. A livello mondiale si stima che ogni anno siano 44 i bambini nati per ogni mille ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Ma nei Paesi dell’Africa centro-occidentale il rapporto sale a 115 ogni mille.
Secondo una ricerca condotta da Human Rights Watch sono 27 i Paesi africani che hanno emanato leggi o messo in pratica politiche per garantire l’istruzione alle ragazze in gravidanze e alle baby mamme. Oltre alla Sierra Leone, negli ultimi anche il Burundi e il Mozambico hanno cancellato leggi che discriminavano queste ragazze.
Ma il ritorno tra i banchi non è facile. Le ragazze devono fare i conti con la famiglia e le comunità di appartenenza, con le critiche da parte di insegnanti e compagni di classe. Con lo stigma, la discriminazione e la vergogna se sono diventate madri a seguito di uno stupro, come è successo a Olivia, una ragazza di 24 che vive nella regione del Kasai, in Congo: “Sono tornata a scuola perché volevo proseguire i miei studi, ma non è facile. Gli studenti mi molestavano. Non stavo bene a scuola, provavo paura e vergogna. Nessun insegnante è mai intervenuto per aiutarmi. Non ci sono programmi o altro per sostenermi in questo percorso”, racconta la ragazza.

Baby mamme ancora discriminate

Le discriminazioni, però, continuano. “Un numero impressionante di ragazze diventano madri prima ancora di essere diventate adulte loro stesse -commenta Elin Martinez, ricercatrice di Human Rights Watch- Molte madri adolescenti non ritornano a scuola perché la scuola le esclude o perché le loro famiglie non permettono loro di continuare a studiare”.
Tanzania e Guinea Equatoriale, ad esempio, vietano espressamente alle ragazze in gravidanza di frequentare la scuola. Nel novembre 2018 la Banca Mondiale ha trattenuto un prestito (300 milioni di dollari) per l’istruzione secondaria in Tanzania, esprimendo preoccupazione per l’esclusione delle ragazze incinte e delle madri adolescenti decisa da una legge del 2017. Dopo una lunga negoziazione tra le parti, il presidente John Magufuli si era impegnato a far tornare le ragazze a scuola, ma il governo non ha mai mantenuto la promessa. Secondo il presidente della Tanzania, le giovani madri avrebbero una “cattiva influenza” sulle altre ragazze.

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