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Sono ragazze che vanno a scuola, studiano, fanno i compiti o si preparano ai primi esami universitari. Ragazze che vivono in Paesi molto diversi tra loro. Alcune di loro hanno visto la propria vita sconvolta dalla violenza. Altre hanno deciso di dedicarsi al 100% a una causa più grande di loro e lottano per salvare il pianeta. Sono ragazze che lottano per i diritti di tutte le ragazze del mondo. Sono ragazze diverse tra loro accomunate però dalla determinazione e dalla volontà di combattere in prima linea per i diritti di tutti i bambini e di tutte le bambine del mondo.Per il diritto all’istruzione, per difendere “la nostra casa in fiamme” dal cambiamento climatico, per garantire a tutti i bambini e ragazzi il diritto a frequentare la scuola in sicurezza, per combattere la period poverty, per un mondo senza plastica. Loro sono Malala, Muzoon, Greta, Emma, Amika, Melati e Isabel. E vi raccontiamo le loro storie.

Malala Yousafzai

“L’istruzione è una delle benedizioni della vita e una necessità. Questa è stata la mia esperienza nei miei 17 anni di vita. Nella mia casa, nella bellissima valle dello Swat (in Pakistan, ndr), ho sempre amato imparare cose nuove. Quando con le mie amiche ci decoravamo le mani con l’henné in occasioni speciali, invece di disegnare fiori, ci dipingevamo le mani con formule matematiche ed equazioni”.
Con queste parole Malala Yousafzai ha ritirato, a soli 17 anni, il Premio Nobel per la Pace 2014 che le è stato riconosciuto dal Comitato per il Nobel (assieme all’attivista indiano Kailash Satyarthi) “per la lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione”.
La sua storia è nota, ma vale la pena ricordarla. Malala è nata in Pakistan (più precisamente nella valle dello Swat) nel 1997.Il padre, Ziauddin, è un poeta e attivista per il diritto all’istruzione e ha svolto un ruolo fondamentale nella vita della figlia. Nel 2009, tra gli 11 e i 12 anni, Malala ha iniziato a scrivere sotto pseudonimo per un blog della BBC, raccontando la quotidianità di una ragazzina costretta a vivere in un Paese dove i talebani avevano bandito la televisione, la musica e il diritto all’istruzione per le bambine e le ragazze. L’attivismo di Malala, però, non è passato inosservato: il 9 ottobre 2012 la ragazza è stata gravemente ferita in un attacco da parte dei talebani contro l’autobus su cui viaggiava. Nonostante al grave ferita alla testa, Malala sopravvive e continua la sua lotta per il diritto all’istruzione: “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.

Melati e Isabel Wijsen

Melati e Isabel Wijsen avevano rispettivamente 10 e 12 anni quando, durante una normale mattina di scuola, un insegnante ha spiegato alla classe le figure di Nelson Mandela, Martin Luther King e altri celebri personaggi che, con le loro azioni, hanno cambiato il mondo. “Tornando a casa abbiamo iniziato a interrogarci su cosa avrebbero potuto fare due bambine come noi, in un posto come Bali, per fare la differenza”. Per trovare la risposta, Melati e Isabel non hanno dovuto fare altro che osservare attentamente il paesaggio in cui sono cresciute: le strade, le spiagge, le risaie invase da sacchetti di plastica. Nel 2013 le due ragazze hanno lanciato l’iniziativa “Bye bye plastic bags” con l’obiettivo di eliminare l’uso dei sacchetti di plastica dall’isola attraverso una campagna di sensibilizzazione che, a oggi, ha coinvolto più di 16 mila studenti in 12 Paesi. Nel 2017 hanno lanciato l’iniziativa “One island one voice” che ha permesso la raccolta di oltre 135 tonnellate di plastica in 325 località di Bali.

Emma González

“A tutti i politici che prendono soldi dalla NRA (National rifle association, ndr), vergognatevi. A tutti i politici che dicono che le pistole sono solo oggetti, come i coltelli e che sono pericolose quanto un’auto noi rispondiamo: stronzate!”. Nel febbraio 2018 Emma González ha 18 anni ed è sopravvissuta al massacro della Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland (Florida) in cui 17 persone -tra studenti e insegnanti- sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco. Emma, però, non si è limitata a piangere per gli amici morti, assieme a un gruppo di studenti e giovani attivisti ha dato vita alla “March for our lives” (“Marcia per le nostre vite”), che nel marzo 2018 ha portato in piazza più di due milioni di persone in tutto il Paese per chiedere leggi più rigide sull’acquisto e il possesso di armi negli Stati Uniti. Subito dopo la marcia, i giovani sopravvissuti alla strage hanno organizzato un tour in tutto il Paese per spingere gli adolescenti a registrarsi per le imminenti elezioni (negli Usa l’iscrizione alle liste elettorali non è automatica, ndr) e far comprendere loro che hanno la possibilità di agire, votare e cambiare il Paese. A partire dalla legge sul possesso delle armi.


Amika George

“Quando è stata l’ultima volta che avete parlato del vostro ciclo mestruale? Io lo faccio tutto il tempo, anche quando nessuno ha veramente voglia di ascoltare”. Amika George, classe 2000, in realtà non parla solo di mestruazioni, parla soprattutto di “menstrual poverty”, ovvero di quelle ragazze che non possono permettersi di comprare gli assorbenti e altri prodotti sanitari, costrette a saltare giorni di scuola. Amika ha lanciato la campagna #FreePeriods, per sradicare la “period poverty”: “Chiediamo al governo britannico di garantire che i prodotti per l’igiene mestruale siano gratuitamente disponibili nelle scuole e nelle università”. La petizione lanciata da Amika ha raccolto quasi 200 mila firme e il governo si è impegnato a erogare 1,5 milioni di sterline ad associazioni di beneficienza per il contrasto alla “period poverty”. “FreePeriods” continua a impegnarsi per raccogliere fondi da distribuire alle scuole e alle università, per garantire la distribuzione gratuita di assorbenti a chi ha bisogno, ma per Amika non è abbastanza. Il modello a cui guarda è quello della Scozia, dove nell’agosto 2018 il governo ha garantito la fornitura gratuita di assorbenti in tutte le scuole, i college e le università e ha stanziato 1 milione di sterline per il contrasto alla “period poverty”.


Greta Thunberg

Con le sue tracce, lo sguardo spesso corrucciato e le sue frasi decise, Greta Thunberg è diventata in pochi mesi un volto noto a tutti. Ha solo 16 anni, ma è riuscita in pochi mesi a catalizzare l’attenzione mondiale e a mobilitare milioni di giovani sull’urgenza di agire per fermare il cambiamento climatico. Tutto ha avuto inizio il 20 agosto 2018, il giorno del primo “Sciopero della scuola per il clima”: così recitava il cartello che aveva portato con sé sotto la sede del parlamento svedese per chiedere al suo Paese un intervento deciso per ridurre le emissioni di anidride carbonica, come previsto dagli Accordi di Parigi. “Ho pensato che non sta succedendo niente e nessuno sta facendo nulla, è mio dovere morale fare quello che posso”, ha spiegato al quotidiano “The Times” che l’ha scelta tra i 25 adolescenti più influenti del 2018. Sull’esempio di Greta milioni di ragazzi in tutto il mondo hanno dato vita al movimento “Fridays for future”, scendendo in piazza per chiedere ai governi di cambiare perché, come ricorda Greta: “La nostra casa è in fiamme”. Ed è tempo di agire.


Muzoon Almellehan

Nel 2017, a soli 19 anni, Muzoon Almellehan è stata la più giovane e prima rifugiata a diventare Ambasciatore di buona volontà dell’Unicef per il suo impegno a favore del diritto all’istruzione delle bambine e delle ragazze. Nel 2013, a causa dell’infuriare della guerra civile in Siria la famiglia di Muzoon ha dovuto fuggire dalla città di Daraa. Sebbene il padre le avesse raccomandato di prendere solo lo stretto indispensabile, Muzoon stipa quanti più libri può in una borsa: “Se non potrò andare scuola, almeno potrò studiare su questi libri. Sono il mio futuro”, risponde al padre che la rimprovera. Nel campo profughi di Za’atari Muzoon riprende gli studi, ma presto si accorge anche che tanti bambini e soprattutto ragazze come lei non possono farlo: metà delle sue 40 compagne di classe, infatti, hanno abbandonato la scuola per sposarsi. “Ho isto cosa succede quando i bambini sono costretti a sposarsi o a lavorare. Vengono esclusi dal percorso formativo, perdono la possibilità di avere un futuro”, spiega. E così la giovanissima attivista ha iniziato a girare il campo di Za’atari, tenda per tenda, per convincere i genitori a mandare a scuola i propri figli.
Alcune delle storie di Malala, Greta e delle altre giovani attiviste sono state pubblicate nell’ultima edizione del dossier “InDifesa”, presentata lo scorso 10 ottobre a Roma in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle bambine e delle ragazze
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