“Perché non ti sei raccolta i capelli? Che cosa sei, una puttana?”. E ancora schiaffi, sputi in faccia, insulti e minacce per costringere ragazzine stremate a riprendere gli allenamenti nonostante le mani piagate al punto di sanguinare. Lo scorso luglio, il quotidiano olandese “Noordhollands Dagblad” ha squarciato un velo sulle terribili storie di violenze e abusi subite da decine di giovani e giovanissime ginnaste. I giornalisti hanno raccolto in una serie di articoli le testimonianze di una decina di atlete della nazionale di ginnastica olandese. Tutte avevano iniziato ad allenarsi attorno ai sette anni, oggi hanno un’età compresa tra i 18 e i 41 anni e tutte condividono una storia fatta di orrori, umiliazioni e abusi finalizzati a un unico obiettivo: vincere.
A finire sul banco degli imputati è Gerrit Beltman, uno dei migliori allenatori del Paese, che al “Noordhollands Dagblad” ha confessato: “Il comportamento che ho avuto è stato assolutamente ingiustificabile. Io volevo assolutamente vincere, a ogni costo. E sono stato molto duro. Ora mi vergogno profondamente”. Beltman ha dichiarato inoltre di non aver mai avuto consapevolmente l’intenzione di “colpire, rimproverare, di fare male o sminuire. Ma è successo. Ho pensato che fosse l’unico modo per coltivare una mentalità sportiva di alto livello. Mi rimprovero di aver fallito”. La vicenda di Beltman è finita davanti al parlamento olandese, che ha avviato un’inchiesta e deciso persino di sospendere le attività del team di ginnastica femminile in attesa dei risultati dell’inchiesta.
Abusi e violenze nella nazionale di ginnastica USA
Lo scandalo sollevato dal quotidiano olandese è arrivato a pochi anni di distanza da un’altra vicenda drammatica, che ha coinvolto una delle federazioni di ginnastica artistica più forti al mondo: quella degli Stati Uniti. Il 24 gennaio 2018 Larry Nassar, medico della squadra olimpica di ginnastica artistica, è stato condannato a 175 anni di carcere per violenze sessuali su minori. Durante il processo hanno testimoniato oltre 160 atlete che, nel corso dei decenni, erano state molestate o abusate da Nassar. Che aveva potuto continuare ad agire impunito per decenni, grazie alla protezione da parte dei vertici dello sport a stelle e strisce. La sua vicenda è stata ben riassunta in questo articolo del Sole 24 ore.
La prima ad aver denunciato Nasser è stata Rachael Denhollander, ex ginnasta e oggi avvocato. Dopo la sua denuncia -ha scritto in un editoriale pubblicato sul New York Times– hanno iniziato a farsi avanti altre donne che, come lei, avevano subito i “trattamenti” del dottor Nasser. “Alcune avevano subito abusi quando avevano solo sei anni. Alcune li hanno subiti decenni fa, altre solo pochi giorni prima che la mia denuncia fosse presentata -si legge nell’articolo-. Hanno iniziato a farsi avanti vittime che avevano cercato di dare l’allarme anni prima che io entrassi in quella clinica per incontrare il celebre medico. Non solo soffrivano la devastazione della violenza sessuale, ma soffrivano anche di ferite profonde per essere state messe a tacere e incolpate“.
Tra le vittime eccellenti di Nassar c’è anche Simone Biles, che a 16 anni ha vinto il primo oro mondiale e a 19 si è messa al collo quattro medaglie d’oro alle olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. Lo scorso 14 marzo, in occasione del suo 23° compleanno Biles ha attaccato con forza la federazione di ginnastica degli Stati Uniti (che le aveva inviato un tweet di auguri) chiedendo di avviare un’inchiesta indipendente sul caso Nassar per individuare eventuali complicità all’interno delle sfere più alte dello sport USA. Nel 2018 Biles aveva raccontato la sua esperienza al culmine del movimento #MeeToo: “Anche io sono una delle tante vittime abusate sessualmente da Larry Nassar -ha scritto-. Per troppo tempo mi sono chiesta: ‘Sono stata ingenua? È stata colpa mia? Ora conosco le risposte a queste domande. No. Non è stata colpa mia“.
La ginnastica: abuso legalizzato ai danni delle bambine
Il giornalista olandese Michiel de Hoog scrive per il prestigioso sito “The Correspondent”, si occupa di sport e negli ultimi mesi ha pubblicato una serie di articoli dedicati al mondo della ginnastica. Che in un durissimo pezzo definisce senza mezzi termini “abuso legalizzato” ai danni delle bambine. “Gli abusi ai danni delle bambine non sono un’eccezione nella ginnastica femminile: sono la logica conseguenza” di questo sport, scrive.
Pressioni eccessive per ottenere risultati (da parte di allenatori e genitori), interruzione dei percorsi scolastici e fine delle relazioni sociali per concentrarsi esclusivamente sugli allenamenti. Abusi fisici e verbali, e ancora pressioni per ottenere risultati sempre migliori tra le atlete che competono ai livelli più alti. Casi di anoressia e bulimia (mantenere il peso sotto controllo è fondamentale per una ginnasta) che si sommano a episodi di fat-shaming per le ragazze troppo “in carne”. Pressioni per continuare ad allenarsi anche con problemi fisici e in caso di malattia. Tra i casi citati nell’articolo ci sono quelli di atlete che hanno considerato il suicidio “perché sarebbe stato più facile rispetto a diventare quello che loro volevano“, come ricorda la ginnastica statunitense Chloe Gilliland.
Denunce contro gli allenatori o il “sistema” con cui si formano le giovani atlete sono emerse spesso nel corso degli anni (solitamente da atlete arrivate a fine carriera), scrive de Hoog. Ma il sistema non è mai cambiato. Anche perché la ginnastica è un sport peculiare: è (forse) l’unico in cui si possono ottenere medaglie d’oro e record mondiali ad appena 15, 16, o 17 anni. Nadia Comaneci, icona della ginnastica artistica, vinse l’oro olimpico a Montreal nel 1967 ad appena 14 anni. “Anche se essere molto giovani non è un requisito necessario per vincere, al tempo stesso non è uno ostacolo. Ed è possibile vincere a 15 anni. E questo è un problema -scrive de Hoog-. Perché se può essere fatto, sarà fatto. Questa logica spiega perché alcuni allenatori fanno quello che fanno, anche se giudicano sbagliato il loro atteggiamento”.
Il fatto di essere piccole di statura e filiformi è un punto di forza per le ginnaste da un punto di vista atletico. Inoltre, dal punto di vista dell’allenatore, dover gestire atlete così giovani è senza dubbio un vantaggio. “Un’atleta giovane è più obbediente (rispetto a una più matura, ndr). Può non essere felice durante gli allenamenti, ma li svolge”, scrive il giornalista olandese.
Essere così competitive ancora prima dei 18 anni, inoltre, obbliga giovanissime atlete a migliaia di ore di allenamento ogni anno. Con il rischio di subire seri infortuni. De Hoog cita l’esperienza di un’altra ginnasta statunitense (“la seconda migliore del Paese”, si definiva) che dopo un anno di allenamento in uno dei migliori centri degli USA aveva “collezionato” una frattura alla caviglia, due occhi neri, un disturbo dell’alimentazione, una scatola di lassativi che teneva nascosta, un certo numero di dita rotte e le tibie danneggiate”.
La proposta: cancellare la ginnastica artistica dalle Olimpiadi
Jennifer Sey è un’ex ginnasta che in passato ha denunciato gli abusi ai danni delle giovani atlete e de Hoog conclude il suo articolo condividendo una sua riflessione. “Il mondo può sopravvivere alla perdita della ginnastica -scrive Sey-. Quello che voglio è che le bambine non subiscano abusi. Se questo succede perché la cultura è cambiata, ottimo. Ma se invece succede perché i genitori non vogliono più portare i propri figli a praticare questo sport, va bene. Pazienza”. De Hoog lancia una proposta ancora più provocatoria: eliminare la ginnastica dal palinsesto olimpico. “Perché il Comitato olimpico internazionale, che ha pubblicato linee guida sui diritti degli atleti bambini, permette a uno sport così importante del palinsesto olimpico di violare in modo sistematico e flagrante questi regolamenti?”.