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Vendersi per l’equivalente di 30 centesimi di euro. Bambine o poco più, che si prostituiscono per sopravvivere o per sostenere economicamente le proprie famiglie. Succede per le strade di Gran Bassam località costiera a poche decine di chilometri da Abidjan (capitale della Costa d’Avorio) e poco distante dal confine con il Ghana. In una zona già particolarmente segnata dal fenomeno della prostituzione, anche a causa dell’intenso passaggio di agricoltori, commercianti, venditori che fanno la spola tra Ghana e Costa d’Avorio.
Impossibile sapere quante siano le bambine che si vendono a Gran Bassam. Ma Terre des Hommes (che opera nel Paese d diversi anni) ha condotto in collaborazione con “Comunità Abele” una piccola ricerca per cercare di capire meglio chi sono queste ragazze (circa 200 le intervistate). Quali sono i fattori che le spingono a prostituirsi. E soprattutto per capire come elaborare una strategia di intervento per aiutare le ragazze a costruirsi una nuova vita.

Poco più della metà del campione (il 56%) ha nella prostituzione l’unica fonte di reddito
. Il 23% invece lo fa in maniera saltuaria per “contribuire a risolver gli effetti del sotto impiego delle famiglie”. Il restante 20% invece si prostituisce occasionalmente, talvolta per soddisfare un’esigenza sporadica o per risolvere individualmente un problema o una necessità economica. Col denaro ricavato aiutano le famiglie (36%) e ci pagano l’affitto di casa (21%), che per sette su dieci è una baracca di legno e lamiera. L’età media è molto bassa: il 50% ha 16 anni, il 26,5% ha 15 anni. Il 21% ha meno di 15 anni. Tutte, sono bambine e adolescenti che provengono dalle fasce sociali più povere ed emarginate, non scolarizzate o che escono precocemente dal circuito scolare.
“Sono bambine allo sbando, vivono per strada. Esposte ad abusi e violenze – spiega Alessandro -. Per non parlare delle gravidanze precoci, delle malattie e di tutti i problemi sanitari connessi alla prostituzione”.
L’obiettivo che ci siamo dati è molto concreto: offrire a queste ragazze la possibilità di un reinserimento sociale – prosegue Alessandro -. Per questo offriamo loro una serie di servizi per imparare a leggere e a scrivere, apprendere un mestiere. Oltre, ovviamente, a un presidio sanitario”.
Per il momento le ragazze seguite sono una decina. Alcune sono state inserite in un internato per imparare un mestiere e sono state tolte dalla strada “con il loro consenso”. Altre invece vengono seguite da vicino mentre continuano la loro vita di sempre. Cercando di stimolarle e suscitare interesse per una possibilità di vita nuova e diversa.

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