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Quando aveva solo 13 anni Nqobile è stata violentata mentre tornava a casa da scuola in Sudafrica. “A scuola non l’ho mai detto a nessuno -racconta la ragazza-. Era troppo difficile, nella mia cultura questo è ancora un tabù”. Tra vergogna e sensi di colpa, i mesi successivi alla violenza per lei sono stati molto difficili. Oggi Nqobile ha 18 anni e ha saputo trasformare quell’esperienza traumatica in un’arma per aiutare altre bambine e ragazze a reagire alla violenza, offrendo loro supporto e incoraggiandole a denunciare. Sogna di diventare psicologa per mettersi al servizio di chi subisce violenze: “Non voglio che altre ragazze subiscano quello che ho subito io a scuola”.
Le scuole dovrebbero essere un ambiente sicuro e sereno per i bambini e le bambine di tutto il mondo. Un luogo dove crescere in armonia accanto ai propri amici e coetanei. In molte aree del mondo, però, non è così. La denuncia è contenuta nel report “An everyday lesson” diffuso da Unicef: “Per milioni di studenti in tutto il mondo, la scuola non è un luogo sicuro dove crescere e studiare. È un luogo pericoloso dove imparano nella paura”.
I numeri contenuti nel dossier Unicef fotografano una realtà allarmante. Per milioni di bambini e bambine la violenza a scuola è una realtà quotidiana che colpisce in maniera indiscriminata alunni e studenti di entrambi i sessi. Circa 720 milioni di bambini vivono in Paesi dove non esiste una legge che li protegga da punizioni corporali. Circa 150 milioni di studenti di età compresa tra i 13 e i 15 anni hanno subito violenza da parte dei coetanei: vittime di bullismo, cyber bullismo o di vere e proprie aggressioni fisiche. “Maschi e femmine sono ugualmente esposti al rischio di diventare vittime di bullismo. Tuttavia gli studi evidenziano che i maschi sono più esposti a subire violenze fisiche e minacce. Mentre le ragazze diventano più facilmente vittima di violenze psicologiche, pettegolezzi o esclusione”, si legge nel rapporto Unicef.

Scuola e violenza sessuale

Quello della scuola può essere un ambiente particolarmente pericoloso per le ragazze adolescenti, esponendole al rischio di subire abusi e violenze sessuali da parte di coetanei o insegnanti. Nicolle, Jennifer e Conception hanno tra i 13 e i 14 anni. Vivono a Progreso, una città di 310mila abitanti in Honduras. Hanno subito episodi di molestie e violenze da parte di una gang di giovanissimi attiva all’interno dello stesso istituto scolastico che frequentavano e che voleva costringerle a prostituirsi. Conception è stata presa un pomeriggio mentre tornava a casa da scuola, picchiata e violentata: “Ero spaventata, molto. Tremavo e urlavo per chiedere aiuto. Quando sono arrivata a casa la mia uniforme era sporca. Non ho potuto dirlo a mia madre, ma il giorno dopo non sono andata a scuola, le ho detto che non stavo bene”. Le tre amiche alla fine riescono a trovare il coraggio per sporgere denuncia. Ma ancora hanno paura: i loro aguzzini si trovano ancora nelle stesse classi.

Guerre e conflitti: scuole nel mirino

Nei Paesi in cui si registrano guerre e situazioni di conflitto l’accesso all’istruzione per bambini e bambine è una delle prime vittime dell’ostilità. Nel corso del 2017, le Nazioni Unite hanno censito centinaia di attacchi contro le scuole nei Paesi in situazioni di conflitto: 396 episodi nelle Repubblica Democratica del Congo, 26 in Sud Sudan, 67 in Siria e 20 in Yemen.
Ancora più allarmanti le stime della “Global Coalition to protect education from attack” che tra il 2013 e il 2017 ci sono stati più di 12mila attacchi contro gli edifici scolastici coinvolgendo più di 21mila persone tra studenti e docenti: morti o feriti durante i combattimenti, vittime di violenza (in modo particolare le ragazze) e di reclutamento forzato. Gli edifici scolastici, inoltre, possono essere requisiti per essere usati come caserme o adibiti ad altri usi militari, penalizzando così l’accesso all’istruzione.
Gli attacchi sono avvenuti in almeno 70 Paesi diversi. Tra quelli più colpiti (oltre mille incidenti riportati tra il 2013 e il 2017) ci sono Egitto, Yemen, Repubblica Democratica del Congo, Siria, Turchia, Sud Sudan e Filippine. Ma il fenomeno non risparmia nemmeno India, Pakistan, Bangladesh, Ucraina, Sudan, Somalia e Myanmar.

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