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Le guerre distruggono milioni di vite ogni anno. Ci sono i morti, ci sono i feriti, c’è chi perde tutto in una manciata di secondi per colpa di una bomba. E ci sono bambine che perdono il proprio futuro in una manciata di minuti, nel momento in cui i loro genitori decidono di darle in sposa a un uomo molto più grande di loro.
Succede in Siria, in Giordania, in Libano e in Turchia. Dove la guerra ha provocato un aumento significativo dei matrimoni precoci. E succede in Yemen, dove a causa dell’estrema povertà provocata da un conflitto che infuria da due anni, sono sempre più numerosi i genitori che decidono di dare in sposa le proprie figlie ancora bambine per far fronte alle difficoltà economiche.
Numeri certi – come spesso accade in questi contesti – non ce ne sono. Ma un recente report pubblicato dall’agenzia Irin evidenzia questa situazione. In un Paese già povero e ulteriormente impoverito dalla guerra “i genitori faticano sempre più a provvedere alle esigenze delle proprie famiglie, diverse interviste condotte da Irin hanno evidenziano come molte di queste abbiano deciso di dare in sposa le proprie figlie prima di quando previsto. Invertendo i progressi fatti negli anni precedenti per sradicare la pratica dei matrimoni precoci”.
Safa’a aveva solo 14 anni quando ha lasciato la sua casa a Taiz, nel sud dello Yemen, a causa dei combattimenti. Prima le piacevano molto i matrimoni: c’erano i dolci, i fuochi d’artificio e i tamburi. Ma al suo matrimonio non c’era nulla di tutto questo. “Le spose dovrebbero essere felici il giorno del loro matrimonio – racconta Safa’a che oggi ha 16 anni -. Ma io piangevo mentre lasciavo mia madre. Perché sapevo che non avrei potuto realizzare i miei sogni. Il mio futuro sarebbe stato nelle mani di mio marito e non nelle mie”. 
Oggi la ragazza vive in un’aula di una vecchia scuola abbandonata occupata da famiglie di profughi yemeniti come lei. Trascorre le sue giornate lavando i piatti, cucinando e aiutando la suocera.
Safa’a non biasima il marito – che ha 21 anni – dice di amarlo e di essere contenta di avere un uomo che può provvedere a lei. E non biasima nemmeno i suoi genitori: anche suo padre, come lei, avrebbe voluto che le cose andassero diversamente.
Abdullah ha 49 anni, ha venduto tutto quello che aveva per permettere alla sua famiglia di fuggire la guerra. Una volta scappato, ha trovato un nuovo lavoro, ma la non bastava nemmeno per sfamare la sua famiglia. “Ho deciso di dare in sposa mia figlia in modo da poterle dare una vita migliore”, spiega. Prima della guerra aveva promesso a sua figlia Safa’a di iscriverla a un corso di inglese, ma ora non può più mantenere quella promessa. Giura però che le sue due figlie minori non seguiranno il destino della sorella maggiore: “Sono disposto anche a chiedere l’elemosina, ma non farò sposare le mie figlie prima che abbiano completato gli studi”.
In base ai dati forniti dalle organizzazioni internazionali, la percentuale delle ragazze yemenite costrette a sposarsi prima dei 18 anni è diminuita negli ultimi anni passando dal 52% del 2006 al 32% del 2012 (dato quest’ultimo dell’Unfpa, il fondo delle Nazioni Unite per la popolazione). Un dato che suggerisce un calo del fenomeno nel Paese… prima dello scoppio della guerra.


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