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La Malesia deve mettere fine immediatamente ai matrimoni precoci. La richiesta arriva dagli esperti delle Nazioni Unite, in risposta a una polemica scoppiata lo scorso luglio quando è diventata pubblica la notizia di un matrimonio celebrato tra un uomo di 44 anni e una bambina di origine thailandese di 11 anni. Maud de Boer-Buquicchio, special rapporteur delle Nazioni Unite sullo sfruttamento sessuale dei bambini sollecita il governo a intervenire i diritti dei minori, in modo particolare quelli delle ragazze.
Il primo ministro Mahathir Mohamad (in carica dal maggio 2018) ha promesso di portare l’età minima per i matrimoni a 18 anni, senza prevedere eccezioni, Provocando le proteste dei leader conservativi islamici, convinti che i matrimoni precoci permettano di “prevenire” il sesso pre-matrimoniale e le gravidanze al di fuori del matrimonio. Attualmente, le ragazze possono sposarsi già a 16 anni, con il permesso del primo ministro dello stato in cui vivono. Mentre la legge islamica fissa a 16 anni l’età minima per il matrimonio delle ragazze, ma permette le unioni anche per bambine di età inferiore se c’è il permesso di un tribunale islamico.
Povertà e cultura patriarcale sono le condizioni che stanno all’origine del fenomeno dei matrimoni precoci (in Malesia come in altre parti del mondo): “La povertà è una delle cause: far sposare una bambina è più economico. Ma le radici di questo fenomeno affondano nella cultura patriarcale ancora prevalente nel Paese. Donne e ragazze sono usate come merce, senza rispetto per quello che sentono e per quello che vogliono”, spiega la rappresentante Onu.
“Con i matrimoni precoci, si negano a queste ragazze i loro diritti umani fondamentali”, ha spiegato de Boer-Buquicchio. Alto rischio di violenze domestiche, gravidanze precoci e spesso il divieto a completare la propria istruzione sono solo alcune delle possibili conseguenze. Per questo motivo de Boer-Buquicchio chiede che “non ci siano eccezioni” nella gestione delle pratiche matrimoniali che riguardano i minori. Eccezioni che riguardano soprattutto i matrimoni celebrati secondo la legge islamica: sono circa 5mila le domande di matrimonio presentate ai tribunali islamici tra il 2013 e il 2017 in cui uno degli sposi era minorenne. A questi si sommano i matrimoni precoci che non vengono segnalati, soprattutto tra i gruppi indigeni che vivono nella regione del Borneo. “È tempo di essere fermi”, conclude la special rapporteur delle Nazioni Unite, esortando il governo malese a coinvolgere i leader religiosi nella questione: “La volontà politica c’è, ma la questione è come raggiungere tutte le diverse entità”.
Sebbene i matrimoni precoci per le ragazze siano ampiamente diffusi in Malesia (anche se non ci sono dati precisi in merito) e giustificati sulla base della tradizione, già nel 2014 il “Consiglio nazionale della Fatwa” ha emesso un documento in cui affermava che i matrimoni precoci non sono obbligatori e che non è una pratica “salutare”. Un documento che, lentamente, ha avviato un cambio di percezione nei confronti di questa pratica.

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