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“Ogni giorno, nei Paesi dell’Africa sub-sahariana, più di 600 ragazze adolescenti vengono contagiate dall’HIV. Nella regione, l’Aids è ancora la seconda causa di morte tra le giovani donne di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Eppure la maggior parte delle adolescenti non ha una conoscenza completa sulla prevenzione dell’HIV e delle altre malattie sessualmente trasmissibili”. A lanciare l’allarme sono i rappresentanti di diverse agenzie delle Nazioni Unite, impegnate nella difesa dei diritti delle donne, dei bambini e nella lotta all’AIDS che avvertono: “Nei Paesi dell’Africa sub Sahariana, l’epicentro dell’epidemia di AIDS, l’HIV continua a colpire in maniera sproporzionata le adolescenti“.
A livello globale, nel corso degli ultimi trent’anni, sono stati fatti importanti passi avanti nella lotta a questa malattia, basti ricordare che tra il 2010 e il 2018 UNAIDS (l’Agenzia delle Nazioni Unite per la lotta all’AIDS) ha registrato un calo del 33% dei decessi. Mentre il numero di nuovi contagi nel 2019 è stato di circa 1,7 milioni: il numero più basso dal 1989. Tra le donne e le ragazze -sempre a livello globale- i risultati ottenuti in questi anni sono stati molto positivi: il numero annuale di nuovi contagi è diminuito del 27% tra il 2010 e il 2019 (il calo tra uomini e ragazzi, invece, si è attestato al 18% nello stesso periodo di tempo).

Giornata mondiale per la lotta all’AIDS, l’impatto del Covid 19

Dal 1981 l’AIDS ha ucciso oltre 25 milioni di persone, diventando una delle epidemie più letali che la storia ricordi. I progressi fatti in questi anni sono stati importanti tuttavia, sottolinea UNAIDS, già da alcuni anni è chiaro che l’obiettivo di eliminare l’AIDS come minaccia per la salute pubblica entro il 2030 non sarebbe stato raggiunto. In occasione della giornata mondiale per la lotta all’AIDS – che si celebra ogni anno il 1° dicembre- UNAIDS lancia un nuovo allarme: l’impatto dell’epidemia di Covid 19 rischia di aggravare ulteriormente la situazione causando fino a 293mila nuove infezioni da HIV e fino a 148mila morti per AIDS tra il 2020 e il 2022.

In Africa il 25% dei contagi da HIV avviene tra le under 24

Tra le fasce di popolazione più colpite dal virus dell’HIV ci sono le ragazze e le giovani donne (nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni) che vivono nei Paesi dell’Africa Subsahariana. Un’immagine estratta dall’ultima edizione del report annuale di UNAIDS -che vi proponiamo qui sotto- fotografa chiaramente la gravità della situazione. I numeri sono altrettanto impressionanti: le adolescenti e le giovani donne (fino ai 24 anni di età) rappresentano solo il 10% della popolazione nei Paesi dell’Africa sub-sahariana. Eppure, nel 2019 il 25% delle nuove infezioni da HIV nella regione si è registrato proprio in questa fascia d’età.

@UNAIDS

Incidenza dei contagi da HIV tra le ragazze e le giovani donne di età compresa tra i 15 e i 24 anni nei Paesi dell’Africa sub-sahariana.
(Numero di nuove infezioni ogni 1000 potenziali soggetti a rischio, dati riferiti al 2019 – Dati UNAIDS)

Violenze e matrimoni precoci

“Le discriminazioni e la violenza di genere alimentano l’epidemia di HIV”, denuncia UNAIDS. Il rischio di subire violenze sessuali (tanto più elevato nei contesti di instabilità e conflitto) espone in maniera esponenziale le ragazze alla possibilità di contrarre il virus dell’HIV. Ma un ruolo non indifferente è giocato anche dai matrimoni precoci, che spesso legano ragazze giovanissime a uomini più grandi di loro. All’interno di questi matrimoni così “sbilanciati” le ragazze difficilmente possono opporsi ai desideri e alle richieste del marito e negoziare la pianificazione di una gravidanza o l’uso di contraccettivi, il cui uso nei Paesi dell’Africa sub-sahariana è molto basso: solo il 16% delle ragazze sposate che vivono nelle aree rurali e il 23% di quelle che vivono nelle aree urbane usano moderni metodi di contraccezione.
Ci sono poi altri fattori, legati alle norme di genere diffuse in molte culture e ai tabù sulla sessualità, che impediscono alle adolescenti e alle giovani donne di proteggere la propria salute e di prevenire l’HIV. I centri che offrono servizi dedicati alla salute sessuale e riproduttiva sono spesso pochi e difficili da raggiungere. Inoltre, in molti Paesi africani, sono in vigore leggi che limitano gli accessi ai servizi di salute sessuale e riproduttiva alle donne sposate e con figli. In altri Paesi, questi servizi possono essere erogati alle minorenni solo con il consenso dei genitori.

Contraccezione, un bisogno che non trova risposte adeguate

Secondo le stime del Guttmacher institute -un’organizzazione con sede negli USA che lavora per studiare, educare e promuovere la salute e i diritti sessuali e riproduttivi- le adolescenti che vivono nei Paesi a medio-basso redditohanno un bisogno urgente di una migliore assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva“.
Secondo le stime dell’istituto (che ha analizzato i dati relativi a 132 Paesi a medio-basso reddito) sono circa 32 milioni le adolescenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni che vogliono evitare una gravidanza. Di queste, circa 14 milioni (il 43%) non riescono ad accedere a metodi contraccettivi moderni. Il risultato di questa situazione è che ogni anno si registrano 21 milioni di gravidanze adolescenziali (la metà delle quali non volute) che in 5,7 milioni di casi si concludono con un aborto. Spesso praticato senza le necessarie condizioni di sicurezza per la salute della ragazza.

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