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Sono tanti gli ostacoli che una bambina deve affrontare per andare a scuola. Lucia – che vive in un villaggio sulle sponde del Lago Vittoria, in Tanzania – ha ovuto affrontare ogni giorno lunghi viaggi a piedi arrampicandosi su rocce impervie. Ma gli ostacoli fisici non sono gli unici con cui le bambine e le adolescenti come Lucia devono fare i conti per andare a scuola: c’è il rischio che di subire aggressioni e violenze nel tragitto che separa la casa da scuola, i tentativi di violenza da parte degli insegnanti, le pesanti punizioni corporali, le rette elevate. Ma non solo.
Alcune di queste condizioni affliggono in egual misura bambini e bambine. Ma nel passaggio dalla scuola primaria alla secondaria, queste ultime sono penalizzate in maniera particolare. Il primo giorno di scuola della “secondaria inferiore” (l’equivalente delle nostre scuole medie) bambini e bambine si siedono sui banchi in egual numero. Ma solo un terzo delle bambine che hanno iniziato questo secondo ciclo di studi lo portano a termine.
“Abbiamo trovato molte barriere che impediscono alle bambine di frequentare la scuola secondaria, compresi problemi economici, la mancanza di scuole e insegnanti – scrive Elin Martínez, ricercatrice di Human Rights Watch sul sito dell’associazione -. In particolare abbiamo scoperto che alcuni provvedimenti del governo discriminano specificatamente le ragazze”.
Uno dei principali problemi con cui devono fare i conti le ragazze sono gli abusi e le violenze sessuali da parte di insegnanti. La stessa Lucia – che ora ha 17 anni – racconta che uno dei suoi professori ha iniziato a molestarla quando ne aveva 14: “Ha cercato di convincermi ad avere rapporti con lui, mi cercava quando eravamo al campo sportivo”. Lucia, sentendosi a disagio, ha smesso di fare sport e gradualmente ha iniziato a saltare le lezioni, non sentendosi al sicuro tra le mura della scuola. I suoi voti hanno iniziato a calare, gli insegnanti si sono lamentati con i suoi genitori e così Lucia ha deciso di interrompere gli studi “per non sprecare soldi”. Una storia, purtroppo, molto comune in Tanzania. Dove, secondo una ricerca Unicef, circa una ragazza su dieci ha subito violenze da parte di un insegnante.
Violenze che possono anche portare a gravidanze non volute. Che a loro volta portano a un’ulteriore stigmatizzazione di queste ragazze da parte di familiari e membri della propria comunità, ma non solo. In Tanzania, infatti, le scuole pubbliche non permettono alle ragazze incinte di continuare a frequentare la scuola, incrementando così la discriminazione nei loro confronti. “I test di gravidanza che vengono condotti obbligatoriamente rappresentano una grave violazione della privacy delle bambine, della loro autonomia e può incidere sulla loro decisione di lasciare la scuola – scrive Elin Martínez -. Ogni anno, più di ottomila ragazze in Tanzania lasciano la scuola perché incinte. Allo stesso modo, anche le ragazze sposate vengono espulse”.

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