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Più di quattromila bambine e ragazze tanzaniane che rischiavano di subire una mutilazione genitale sono state salvate grazie agli sforzi della polizia, del governo e di altri associazioni che hanno lanciato una campagna ad hoc per il contrasto delle mutilazioni genitali nel distretto di Serengeti. Inoltre sono state arrestate e processate 32 persone.

La notizia è stata diffusa dal Centro per i diritti umani e legali (Legal and human rights centre – LHRC) in un report pubblicato nei giorni scorsi. In base alle stime dell’associazione, sono circa 5.600 le ragazze che nel corso di quest’anno erano a rischio di subire una mutilazione genitale nel distretto del Serengeti: il 74% è stato salvato, ma almeno 1.400 bambine e ragazze sono state costrette a subire questa pratica.
“Sebbene il governo abbia segnalato un calo del 5% delle mutilazioni nel 2016, la situazione potrebbe essere diversa”, spiega Paul Mikongoti, ricercatore del LHRC. È molto probabile infatti che la pratica continui a essere praticata di nascosto.
La Tanzania è uno dei Paesi più impegnati nel contrasto alle mutilazioni genitali femminili e ha ottenuto buoni risultati in questi anni. Ma nei distretti di Serengeti, Trarime e Rorya (che fanno parte della regione di Mara) la pratica continua a essere praticata. I segnali positivi però non mancano. Oltre i buoni risultati della campagna, l’LHRC evidenzia come la maggior parte delle donne in Tanzania giudichi negativamente le mutilazioni: per l’82% si tratta di una pratica contraria alla propria religione, mentre l’84% spera che venga interrotta.

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