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Brides for sale

Una bella ragazza in lacrime con il velo da sposa in testa e un codice a barre stampato sulla fronte. “Lasciatemi sussurrare, così che nessuno possa sentire che sto parlando di ragazze in vendita. La mia voce non si deve sentire, perché va contro la Sharia (la legge islamica, ndr). Le donne devono restare in silenzio… questa è la nostra tradizione”. La ragazza piange, mostra il viso segnato dalle percosse, canta la sua paura e chiede alla sua famiglia di non essere venduta.
Sonita, 18enne di origine afghana, oggi vive negli Stati Uniti. Va a scuola e ha scoperto nella musica rap un potente strumento di espressione e di denuncia. Ma la sua vita avrebbe potuto essere molto diversa. La sua famiglia era fuggita in Iran dall’Afghanistan in guerra quando Sonita aveva solo otto anni. Durante l’adolescenza – grazie all’attività di una ong che lavora con i profughi afghani – Sonita ha scoperto la musica, inizia a cantare e fare rap. Malgrado le difficoltà, ottiene i primi successi e trova persino un produttore per i suoi primi video.
Tutto sembrava scorrere serenamente fino a quando non arrivò un annuncio drammatico. “Un giorno mia madre mi disse: Devi tornare in Afghanistan con me. C’è un uomo che vuole sposarti”, racconta la ragazza in un’intervista. Il futuro sposo di Sonita ha 40 anni e la ragazza è sconvolta. Così è nata la canzone “Brides for sale” in cui chiede ai genitori di non darla in sposa a un uomo che non vuole. Il video ha sortito l’effetto desiderato: la famiglia di Sonita ha accolto la sua richiesta e annullato il matrimonio. “Significa tanto per me che la mia famiglia sia andata contro la nostra tradizione per me. Oggi avrei potuto essere già madre – riflette la ragazza -. Ora sono da qualche parte dove non avrei mai immaginato che potrei essere”.
Ogni anno ci sono circa 15 milioni di ragazze come Sonita che sono costrette ad abbandonare la scuola per sposarsi. In tutto il mondo ci sono circa 270 milioni di donne costrette a sposarsi prima della maggiore età. Più di una su tre (circa 250 milioni) aveva meno di 15 anni il giorno del fatidico “sì”. Se non si invertirà la tendenza il numero delle bambine e ragazze che si sposano ogni anno prima di aver compiuto i 18 anni di età arriverà a 16,5 milioni nel 2030 e 18 milioni nel 2050.
Sono soprattutto i Paesi dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia meridionale quelli in cui è maggiormente diffuso il fenomeno delle spose bambine. Il Niger, ha questo triste primato: il 76% delle ragazze si è sposata prima dei 18 anni e il 28% aveva meno di 15 anni. Seguono la Repubblica Centroafricana e Chad (68%), Bangladesh (65%), Guinea (52%) e Mali (55%).
intervista di Sonita
Link al video

Per maggiori informazioni sulla condizione delle spose bambine nel mondo, potete visitare il sito della campagna “Girl’s not brides”

L’infibulazione è una forma di mutilazione genitale femminile che prevede la rimozione totale o parziale degli organi genitali esterni e la successiva chiusura dell’apertura vaginale, lasciando solo un piccolo foro per l’urina e il flusso mestruale.

 

Le mutilazioni genitali femminili vengono generalmente suddivise in tre categorie, a seconda della severità dell’intervento:

  • la prima prevede l’asportazione parziale o totale della clitoride,
  • la seconda comprende anche la rimozione parziale o totale delle piccole (e in alcuni casi anche delle grandi) labbra
  • la terza categoria, l’infibulazione appunto, è la forma più devastante per le bambine e le ragazze che la subiscono: prevede infatti non solo l’asportazione della clitoride ma anche la “chiusura” del canale vaginale “tagliando e riposizionando le piccole o le grandi labbra, talvolta mediante cuciture”, si legge sul sito dell’Organizzazione mondiale per la sanità.

L’infibulazione riguarda circa il 10% delle donne che oggi vivono con una mutilazione genitale (Mgf) ed è diffusa soprattutto in Somalia, a Gibuti e nelle province settentrionali del Sudan.

In qualsiasi forma vengano praticate, le mutilazioni genitali sono internazionalmente riconosciute come una forma di violazione dei diritti umani delle bambine e delle ragazze. Una violazione del loro diritto alla salute, alla sicurezza e all’integrità fisica, il diritto a non subire torture, trattamenti crudeli, inumani o degradanti e il diritto alla vita, nei casi in cui la procedura -che viene spesso praticata senza anestesia e in condizioni di scarsissima igiene- porti alla morte.

Le ragioni culturali dietro le mutilazioni genitali femminili

Le ragioni per cui vengono praticate le mutilazioni genitali variano da una regione all’altra e comprendono un insieme di fattori socio-culturali. All’interno di diverse società, ad esempio, vengono considerate un rito di passaggio, un momento fondamentale che sancisce l’ingresso delle ragazze nell’età adulta: il “taglio”, infatti, viene spesso praticato poco prima del matrimonio.

In altri contesti, invece, vengono considerate una modalità per controllare la sessualità delle giovani donne, promuovere la verginità pre-matrimoniale e la fedeltà coniugale. Nessuna religione promuove o ammette le mutilazioni genitali femminili. Tuttavia, spesso sono le stesse donne a considerarle un requisito religioso.

E sebbene si tratti di una pratica che viene percepita come legata alla religione musulmana -forse perché praticata da molti gruppi di questa fede- è importante sottolineare che non tutti i gruppi islamici la praticano. Mentre lo fanno altre comunità di fede cristiana, gli ebrei etiopi e i seguaci di religioni tradizionali africane.

 

 

I numeri: la diffusione delle mutilazioni genitali femminili

Secondo le stime delle Nazioni Unite sono circa 200 milioni le bambine, le ragazze e le donne che vivono con una mutilazione genitale. Si tratta di un fenomeno diffuso in 27 Paesi africani, anche se la sua incidenza varia molto: nella regione del Corno d’Africa (in particolare in Somalia, Eritrea, Gibuti) e in Egitto interessa più del 90% della popolazione femminile, mentre in altri Stati la percentuale si abbassa anche se con significative differenze all’interno di alcuni gruppi etnici: in Kenya, ad esempio, la media nazionale è del 21%, ma se si osservano alcune province l’incidenza supera il 60%.

Al di fuori del continente africano le mutilazioni genitali vengono praticate in Yemen, in India, Indonesia, Iraq, Malesia ed Emirati Arabi Uniti anche se mancano indagini statistiche attendibili.

Grazie agli sforzi messi in campo da associazioni e attivisti, nel corso degli ultimi trent’anni l’incidenza del fenomeno è diminuita. Tuttavia, questi sforzi potrebbero non bastare: se le pratiche di mutilazione genitale continueranno ai livelli attuali, 70 milioni di bambine e di ragazze subiranno il “taglio” entro il 2030. Anche a causa dell’impatto della pandemia da Covid-19.

Le conseguenze fisiche e psicologiche delle mutilazioni genitali femminili

Le mutilazioni genitali femminili non hanno alcun beneficio per la salute e provocano danni alla salute fisica e psicologica delle donne in molti modi. Vengono spesso praticate con l’utilizzo di strumenti rudimentali (rasoi e lamette), in condizioni di scarsissima igiene, senza anestesia: oltre all’atroce dolore fisico, il “taglio” può provocare sanguinamento intenso ed espone al rischio di contrarre infezioni.

Condizioni che, a loro volta, possono anche causare la morte. Le bambine e le ragazze che sopravvivono a questo trauma devono poi convivere per tutta la vita con problemi urinari (minzione dolorosa e infezioni del tratto urinario) e vaginali, sofferenze particolarmente acute durante il periodo mestruale, dolore durante i rapporti sessuali e aumento del rischio di complicazioni durante il parto.

Nel corso degli ultimi anni è aumentato il numero di bambine e ragazze che sono state “tagliate” da un operatore sanitario, in una clinica (pubblica o privata), con la possibilità di fare ricorso ad anestesia e medicinali adeguati per evitare le conseguenze più drammatiche, come le infezioni o il rischio di morte per dissanguamento. La diffusione di questa modalità di intervento rappresenta un’ulteriore minaccia agli sforzi per contrastare le mutilazioni genitali femminili: la medicalizzazione, infatti, può conferire un senso di legittimità alle Mgf e dare l’impressione che siano prive di conseguenze per la salute.

I progressi compiuti nella lotta alle mutilazioni genitali femminili

Secondo le stime di Unicef, dal 2008 a oggi, oltre 25 milioni di persone in 15 Paesi hanno ripudiato questa pratica mentre, a livello globale, la diffusione delle mutilazioni genitali femminili è diminuita di circa il 25% dal 2000 a oggi. Uno dei mezzi più efficaci per combatterle è quello di investire sull’istruzione femminile.

Le Mgf, infatti, sono generalmente più diffuse tra le figlie di donne non istruite: se le madri hanno completato almeno il ciclo di istruzione primaria le figlie hanno il 40% in meno di possibilità di subire il taglio. E il rifiuto di questa pratica cresce con l’aumentare del livello di istruzione: in Etiopia l’incidenza delle Mgf è dell’85% più bassa tra le figlie di donne che hanno completato la scuola secondaria rispetto a quelle che non hanno studiato.

Per questo è prioritario per Terre des Hommes promuovere e favorire l’istruzione delle bambine e delle ragazze. Nei suoi progetti particolare attenzione viene posta a tutto ciò che può servire a mantenere a scuola le alunne il più a lungo possibile, offrendo anche corsi di sostegno e recupero scolastico, sensibilizzando le famiglie e le comunità sulle conseguenze delle mutilazioni genitali, insomma puntando su un cambio culturale e sociale generazionale.

Ma non sono solo le mutilazioni genitali a minacciare la tutela dei diritti delle bambine e delle ragazze nel mondo. Matrimoni forzati e gravidanze precoci, lavoro minorile, violenze domestiche e discriminazioni sono purtroppo ancora oggi situazioni diffuse che interessano milioni di giovani e giovanissime. Per la protezione delle bambine e le ragazze da dodici anni è nata la Campagna Indifesa di Terre des Hommes, a cui chiunque può contribuire. Insieme possiamo far sentire la nostra voce per un mondo diverso in cui ogni bambina cresca libera e in cui ogni ragazza possa coltivare i propri talenti e raggiungere i propri sogni. Scopri di più sulla Campagna InDifesa.

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