Disha Ravi è una ragazza indiana di 21 anni e, come tanti adolescenti e tanti giovani in tutto il mondo, partecipa agli “scioperi per il clima” lanciati nel 2018 da Greta Thunberg. Ma Disha non si è fermata a questo: ha partecipato a campagne di sensibilizzazione contro l’inquinamento da plastica ed è tra le fondatrici del movimento “Fridays For Future” a Bangalore, la città dove vive. È una giovane attivista, nata e cresciuta in un’area della città che viene periodicamente sommersa dall’acqua quando le piogge si fanno troppo frequenti e intense. Un fenomeno che si è accentuato negli ultimi anni. Disha è una ragazza che vive sulla propria pelle le conseguenze del cambiamento climatico: quella per il clima, ha spiegato in un’intervista pubblicata su Vogue lo scorso anno “non è solo una battaglia che stiamo combattendo per il nostro futuro. È una battaglia che merita di essere combattuta per il nostro presente. Noi viviamo la crisi climatica sulla nostra pelle ogni giorno”.
Disha Ravi è stata arrestata per un tweet
Sabato 14 febbraio, Disha Ravi è stata arrestata nella sua casa di Bangalore, davanti agli occhi della madre, ed è trasferita a Delhi con l’accusa di aver condiviso un documento a sostegno della protesta dei contadini indiani che, da quasi tre mesi, manifestano contro le leggi sulla liberalizzazione del commercio agricolo volute dal presidente Narendra Modi. Secondo la polizia, Disha rappresenta una figura chiave tra i cospiratori nella distribuzione di un toolkit con i suggerimenti per affiancare i contadini indiani nella loro lotta, che era stato rilanciato in tutto il mondo lo scorso 4 febbraio da Greta Thunberg. E che Disha Ravi aveva a sua volta diffuso tramite il suo account Twitter.
Ma che cos’è un toolkit? Semplicemente, si tratta di un file di testo contenente le informazioni necessarie a organizzare una manifestazione di protesta online e per le strade a sostegno della battaglia dei contadini indiani. Sul file –che è ancora possibile consultare online– si trovano indicazioni su quali hashtag usare su twitter per esprimere il proprio sostegno ai contadini (parole chiave come #FarmerProtest e #StandWithFarmers), link a documenti per informarsi sui contenuti della protesta, l’invito firmare una petizione, a registrare un video di supporto ai manifestanti e l’invito a partecipare alle manifestazioni di protesta.
Ma agli occhi della polizia di Delhi l’appello aveva come obiettivo quello di alimentare le tensioni nel Paese. “Creare disinformazione e disaffezione contro il governo legittimamente eletto -ha puntualizzato Prem Nath, commissario congiunto della polizia di Delhi, in una conferenza stampa lunedì-. Il toolkit ha cercato di amplificare artificialmente notizie false”. Disha Ravi è stata arrestata per “sedizione”, “cospirazione criminale” e “organizzazione di disordini” ed è detenuta in custodia dalla polizia per un minimo di cinque giorni.
I giovani attivisti per il clima nel mirino del governo
L’arresto di Disha Ravi ha provocato rabbia e indignazione in India e in tutto il mondo. In tutto il Paese nelle giornate di domenica e lunedì si sono svolte manifestazioni di piazza per chiedere la liberazione della ragazza. “L’arresto di Ravi rappresenta un attacco senza precedenti alla nostra democrazia. Sostenere i nostri contadini non è un crimine”, ha scritto su Twitter Arvind Kejriwalm, chief minister di Delhi. Anche Meena Harris, nipote della vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, ha pubblicato un tweet sulla vicenda: “Chiedetevi come mai gli attivisti vengono presi di mira e messi a tacere dal governo”.
L’arresto di Disha Ravi si inserisce all’interno di un contesto molto più ampio: associazioni come Amnesty International, Human Ritghts Watch e persino Greenpeace sono state costrette a lasciare il Paese. Come ricostruisce la BBC, lo scorso luglio, la polizia indiana aveva temporaneamente chiuso il sito di “Fridays For Future India” per un “atto illegale o terroristico”. Secondo quanto riferisce BBC, gli attivisti avevano lanciato un mail bombing contro il ministro dell’ambiente per protestare contro una legge.
“In India, le persone continuano a soffrire a causa di leggi che danneggiano il popolo -aveva spiegato Disha Ravi al Guardian, poco dopo la sospensione del sito di “Fridays For Future India”-. Noi di ‘Fridays For Future’ veniamo etichettati come terroristi perché critichiamo una legge. Solo un governo che mette i profitti prima delle persone può considerare atto di terrorismo la richiesta di avere aria pulita, acqua pulita e un pianeta vivibile”.
La battaglia solitaria di Ou Hongyi
L’impegno dei giovani per il clima e le manifestazioni organizzate dal movimento “Fridays For Future” hanno ottenuto in questi anni grande attenzione da parte dei media di tutto il mondo e un sostanziale plauso da parte della politica. La vicenda di Disha Ravi segna una drammatica “rottura”: non appena gli slogan e le manifestazioni a favore dell’ambiente sono andati a toccare interessi economici e politici precisi, sui giovani attivisti si è abbattuto il pugno delle autorità.
Anche in Cina, una giovane attivista per il clima sta incontrando grossi ostacoli nel condurre la sua battaglia e sta pagando un prezzo molto alto. Ou Hongyi, studentessa cinese di 18 anni, ha iniziato a interessarsi al tema del cambiamento climatico quando aveva 16 anni, dopo aver visto il documentario di Al Gore “An Inconvenient Truth“. Ou è stata la prima adolescente cinese a condurre uno sciopero scolastico per il clima ed è stata soprannominata la “Greta Thunberg cinese” ma, a differenza della giovane attivista svedese, Ou Hongyi è stata ostracizzata e ridicolizzata per il suo impegno: “In Cina, dove qualsiasi tipo di attivismo equivale a una sfida al partito comunista al potere, Ou è stata ignorata, ridicolizzata e ostracizzata, così come vessata dai funzionari scolastici e dalla polizia“, scrive il New York Times in un lungo articolo dedicato alla ragazza.
Ou aveva smesso di andare a scuola del 2018, quando era stata giudicata non idonea per il programma internazionale e aveva deciso di studiare da autodidatta per superare i test di ammissione all’università di Harvard. Oggi vorrebbe riprendere a studiare ma per poter tornare sui banchi della scuola superiore affiliata alla Guangxi Normal University di Guilin, le autorità hanno imposto come condizione l’interruzione delle campagne ambientaliste e delle interviste ai media stranieri.
Secondo Kecheng Fang, assistente professore alla scuola di giornalismo dell’Università cinese di Hong Kong (intervistato dal Guardian) la pressione delle autorità cinesi su Ou Hongyi non è causata dai temi della sua protesta. Piuttosto, la sua è un’azione di protesta collettiva e, indipendentemente dal suo contenuto, in Cina viene considerata un’attività altamente pericolosa.