C’è un filo sottile, eppure difficile da spezzare, che collega genere, povertà e disuguaglianze.
Tre fattori che spesso si alimentano a vicenda.
Partiamo proprio della povertà: secondo le stime della Banca Mondiale circa il 60% delle persone che vivono in povertà estrema (con meno 2,15 dollari al giorno) sono donne e ragazze.
Una condizione legata anche al fatto che le donne dedicano in media tre volte più ore rispetto agli uomini in lavori domestici non retribuiti, limitando così il tempo a disposizione per lo studio o per attività remunerative.
Guardiamo ai salari: a parità di mansioni, le donne guadagnano il 20% in meno rispetto agli uomini.
Questo è vero tanto nei Paesi più ricchi e sviluppati quanto nei Paesi in via di sviluppo, dove il 60% delle donne lavora nell’economia informale (con punte del 75-90% nei Paesi dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia Meridionale).
Di conseguenza non hanno né protezioni legali né accesso a benefici sociali come la maternità retribuita.
Per le donne questo circolo vizioso affonda le radici nell’impossibilità di studiare.
Secondo gli ultimi dati Unesco 122 milioni di bambine e ragazze non hanno accesso all’istruzione o sono state costrette a interrompere gli studi troppo presto.
Le donne che hanno completato almeno un ciclo scolastico hanno il 50% in più di possibilità di trovare un lavoro rispetto a quelle che non hanno avuto questa possibilità.
Le disuguaglianze nel mondo
Le disuguaglianze si manifestano in molti ambiti: dal reddito all’istruzione, dalla salute all’accesso ai servizi essenziali. Vediamone alcune.
- Disuguaglianze economiche. Mentre alcuni Paesi hanno goduto e godono tutt’ora di un significativo sviluppo economico, altri restano intrappolati in una condizione di povertà estrema. Secondo le stime della Banca Mondiale, circa 700 milioni di persone vivono con meno di 2,15 dollari al giorno.
- Accesso limitato all’istruzione. Nel mondo, più di 250 milioni di bambini e bambine non possono andare a scuola e si trovano quindi in una posizione di estremo svantaggio dal momento che l’accesso all’istruzione è fondamentale per spezzare il ciclo della povertà e contribuire a uno sviluppo sostenibile.
- Disparità nel mercato del lavoro. L’economia informale è molto diffusa nei Paesi in via di sviluppo, con milioni di persone che lavorano senza contratti, senza protezione sociale e con salari bassi. In questo ambito trovano impiego soprattutto le persone che non hanno avuto modo di studiare e in caso di crisi economiche o pandemie – come è successo durante il Covid-19- questi lavoratori sono i primi a essere sacrificati.
La concentrazione della ricchezza nel mondo
Nel 2024 la ricchezza a livello globale è aumentata rispetto all’anno precedente ed è in crescita costante dal 2008: il mondo, dunque, non è mai stato così ricco. Ma al tempo stesso non è mai stato così disuguale come quello che emerge dai rapporti “Global Wealth Report” che vengono stilati ogni anno da Credit Suisse:
- 14 persone al mondo hanno un patrimonio superiore ai duemila miliardi di dollari;
- altre 12 persone hanno un patrimonio compreso tra i 50 e i 100 miliardi di dollari;
- circa 60 milioni di persone (l’1,1% della popolazione adulta) possiedono il 45% della ricchezza globale;
- 2,8 miliardi di persone (il 53% del totale) possiedono solo l’1,2% della ricchezza globale.
La rivista statunitense Forbes ha stilato anche la classifica delle donne più ricche del mondo.
Nel 2024 al mondo si contano circa 387 donne miliardarie che vivono tra gli Stati Uniti (97), la Cina (42), la Germania (22) e l’Italia (19) che è seconda in Europa per numero di donne miliardarie.
La donna più ricca del mondo è l’ereditiera della famiglia l’Oréal, Françoise Bettencourt Meyers, con un patrimonio stimato di 97 miliardi dollari: tantissimi, ma solo una frazione rispetto a quello dell’uomo più ricco del mondo, il sudafricano Elon Musk, stimato in oltre 330 miliardi di dollari.
Le altre miliardarie che guidano la classifica globale sono:
- Alice Walton: figlia del fondatore della catena di supermercati statunitense Walmart, attiva nell’arte e negli affari, con un patrimonio di oltre 72 miliardi di dollari;
- Julia Koch: vedova del magnate dell’energia David Koch: gestisce il patrimonio aziendale e il suo patrimonio personale è stimato in 61,5 miliardi di dollari;
- MacKenzie Scott: filantropa ed ex moglie di Jeff Bezos, ha donato miliardi in beneficenza, e ha un patrimonio di 35,4 miliardi.
Ridurre le disuguaglianze per un mondo più sostenibile
Questa crescente concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi milioni di individui rappresenta non soltanto un problema dal punto di vista etico, ma soprattutto un ostacolo allo sviluppo sostenibile, limitando l’accesso alle risorse essenziali per milioni di persone.
Ridurre queste diseguaglianze, dunque, è cruciale per costruire non solo un mondo più giusto ma anche un mondo in cui vengano rispettati i diritti fondamentali di tutti. Per implementare politiche coraggiose per sradicare la povertà estrema o per garantire a tutti i bambini e a tutte le bambine il diritto all’istruzione servono però importanti risorse economiche.
Ma dove trovarle? Alcuni economisti propongono l’implementazione di una tassazione più equa per i super-ricchi per affrontare tali sfide. Secondo l’Ong Oxfam, un’imposta annua del 5% sui patrimoni di multimilionari e miliardari permetterebbe di raccogliere fino a 1.700 miliardi di dollari, sufficienti a far uscire dalla povertà due miliardi di persone e finanziare interventi contro la fame.
Le disuguaglianze e le guerre
Le guerre sono tra i fattori che più intensificano le disuguaglianze sociali, economiche e di genere a livello globale. Oltre a causare devastazione immediata, i conflitti armati hanno infatti effetti duraturi che aggravano le fragilità preesistenti.
- Impatto sproporzionato sulle donne. Le donne e le bambine rappresentano circa il 70% delle persone sfollate nei conflitti armati, affrontando maggiore vulnerabilità a violenze sessuali e discriminazioni economiche.
- Accesso limitato all’istruzione. I conflitti interrompono la possibilità di frequentare le scuole, con un impatto più grave sulle ragazze, che vedono un calo del 50% nella frequenza scolastica nelle aree colpite da guerra.
- Esclusione economica. Le guerre distruggono le infrastrutture, riducono l’occupazione e aggravano la povertà, con donne e minoranze etniche che subiscono l’esclusione più marcata dai processi di ricostruzione economica.
- Disparità sanitarie. L’accesso ai servizi medici si riduce drasticamente: nelle aree di conflitto le donne incinte affrontano tassi di mortalità materna fino a 60% superiori alla media.
L’impegno di Terre des Hommes
La nostra organizzazione è in prima linea per combattere le disuguaglianze sociali con progetti di generazione di reddito per donne e ragazze in condizione di vulnerabilità, come per esempio in Colombia per le donne venezuelane migranti o le colombiane sfollate
e in Ucraina per le donne colpite dal conflitto.
Siamo fortemente impegnati a ridurre la povertà educativa nel mondo e garantire accesso a tutti i livelli di istruzione ai più vulnerabili – compresi i minori con disabilità – e per consentire a chi è stato escluso dal percorso educativo a causa di povertà, conflitti, migrazioni o disastri naturali, di raggiungere un buon grado di istruzione, accedere a corsi professionalizzanti e migliorare le opportunità lavorative.
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