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A settembre, come ogni anno, migliaia di ragazzi e ragazze in tutto il Regno Unito torneranno sui banchi di scuola. Ma molte adolescenti potrebbero mancare all’appello: costrette a lasciare durante le vacanze estive il luogo in cui sono cresciute (e spesso nate) per raggiungere il Paese d’origine dei genitori e sposare uno sconosciuto.
La denuncia arriva da Jasvinder Sanghera, attivista e fondatrice dell’associazione “Karma Nirvana” che lotta contro i matrimoni forzati. Secondo le stime dell’associazione tra maggio e luglio sono stati celebrati all’estero circa 150 matrimoni forzati (nello stesso periodo del 2015 i casi registrati erano stati 99). Ragazze che spesso vengono convinte a partire con l’inganno (come la scusa di andare a trovare i parenti per il matrimonio di un familiare) e che poi si trovano intrappolate in una situazione da cui è difficile liberarsi.
“Non ci sono dubbi che migliaia di ragazze non torneranno a scuola a settembre -commenta Jasvinder Sanghera, in un’intervista rilasciata al quotidiano inglese “The Independent”-. A settembre le insegnanti si accorgeranno della loro assenza, ma l’allarme non scatterà. Perché le prime persone che avvertiranno saranno i loro genitori, che spesso dicono che le figlie hanno scelto di continuare gli studi all’estero”. Jasvinder Sanghera ha inoltre criticato il governo per aver fatto poco per contrastare questo fenomeno nei mesi che precedono l’estate: il momento in cui i viaggi all’estero delle studentesse raggiungono il loro picco massimo.

Matrimoni forzati, 1.200 segnalazioni nel 2017

Avere certezze sulle reali dimensioni di questo fenomeno è quasi impossibile. Anche quando queste vicende vengono denunciate -ad esempio alla “Forced Marriage Unit” del ministero dell’interno inglese- rappresentano solo una piccola parte di un fenomeno altrimenti difficile da far emergere. Nel 2017 la “Forced marriage unit” ha ricevuto circa 1.200 segnalazioni di possibili casi di matrimoni forzati.
Vicende come quella di Rubie, una giovane donna oggi trentenne, sopravvissuta alla violenza di un matrimonio forzato. “Io e i miei fratelli più piccoli siamo stati portati in Bangladesh per le vacanze estive”, racconta la donna intervistata dal quotidiano “The independent”. All’improvviso Rubie viene costretta a sposarsi con un uomo che ha il doppio dei suoi anni che la violenta ogni notte. Al ritorno in Inghilterra cerca di togliersi la vita, poi fugge di casa e inizia una relazione con un altro uomo che abusa di lei. Rubie è una sopravvissuta, perché dopo anni di lotte è riuscita a mettersi in salvo e costruirsi una nuova vita.

Una proposta di legge contro i matrimoni forzati

Il tema dei matrimoni forzati è particolarmente acceso in queste settimane del Regno Unito. La deputata conservatrice Pauline Latham ha presentato al Parlamento un disegno di legge che impone come età minima per il matrimonio i 18 anni di età. Oggi, infatti, in Inghilterra, Galles e Irlande del Nord è consentito il matrimonio a 16 e 17 anni di età se c’è il consenso dei genitori. In Scozia, invece, il matrimonio è legale già a 16 anni e non è richiesto il consenso dei genitori.
Tuttavia –scrive Human Rights Watch– ci sono poche possibilità che il disegno di legge Latham venga approvato. A meno che il governo di Theresa May non decida di adottarlo: “Il governo dovrebbe farlo -scrive ancora HRW- le autorità della Scozia e dell’Irlanda del Nord dovrebbero approvare una legislazione simile. È tempo che Theresa May e il suo governo riconoscano che le ragazze di tutto il mondo hanno bisogno che il Regno Unito pratichi ciò che predica”.
Intanto, alle giovani di origine straniera nate in Inghilterra non resta che una strategia semplice ma efficace: nascondere un cucchiaio di metallo sotto i vestiti, come suggerito dall’organizzazione Karma Nirvana. L’obiettivo è quello di far scattare il metal detector ed essere portate in un luogo sicuro per i controlli di sicurezza e approfittare della situazione di intimità per chiedere aiuto.

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