Un gruppo di ragazze afghane cammina per strada indossando i lunghi abiti scuri e con il volto coperto. Molte tengono in mano una copia del Corano, il libro sacro dell’Islam. Entrano rapidamente in un grande cancello verde dietro al quale non si trova una casa come tante, ma una scuola segreta tutta al femminile. “I Talebani si aggirano in questa zona. Per questo porto sempre con me un Corano ben in vista quando sono all’aperto, gli altri libri sono nascosti nello zaino”, racconta Marina, 16 anni.
La storia di questa scuola, delle coraggiose insegnanti e delle studentesse che la frequentano è stata raccontata nei giorni scorsi dal quotidiano Washington Post: le lezioni sono brevi -circa due o tre ore al giorno- per ridurre la possibilità di essere scoperte. E nel caso in cui uomini sconosciuti facessero irruzione tutte sanno cosa fare: nascondere velocemente i libri di storia, di inglese e di matematica per estrarre il Corano fingendo così di essere in una madrasa: quella religiosa, infatti, è la sola forma di istruzione che gli estremisti islamici permettono alle giovani.
A più di un anno dalla presa del potere in Afghanistan, infatti, i Talebani vietano ancora alle ragazze dai 12 ai 17 anni di studiare. Una decisione che, al pari di altri editti che limitano la vita delle donne, ha scatenato l’indignazione globale e proteste diffuse in diverse aree del Paese. Ma molte ex insegnanti e molte giovani studentesse non si sono arrese e hanno messo in atto una vera e propria resistenza: nella capitale Kabul come in altre città afghane all’interno di alcune case e appartamenti sono nate scuole clandestine. “Non importa se i Talebani verranno a conoscenza di questa scuola -ha detto al quotidiano Angila, anche lei sedicenne-. L’istruzione è un mio diritto fondamentale. Nessuno può togliermelo”.
Una delle protagoniste di questa resistenza è Ayesha che cinque mesi fa ha dato vita a 45 scuole clandestine in tutta Kabul. “Le donne non dovrebbero dipendere dagli uomini. L’istruzione è l’unica via d’uscita dalle nostre difficoltà”, ha spiegato al Washington Post. Ma nel giro di un mese Ayesha aveva esaurito le proprie risorse economiche e molte scuole sono state costrette a chiudere, altre hanno deciso di interrompere le proprie attività per paura di essere scoperte. Oggi quelle ancora attive sono solo dieci. A frequentarle sono soprattutto ragazze che provengono dalle famiglie più povere che, con l’economia al collasso, non possono permettersi nemmeno di comprare i libri di testo. La donna, inoltre, teme per la propria sicurezza: l’agenzia di intelligence talebana l’ha già convocata per ben tre volte, costringendola a nascondersi: “Ma non voglio chiudere queste scuole”.
Angila vuole diventare un medico, è il suo sogno da quando era bambina. Appartiene a una generazione di giovani donne che ha iniziato a studiare durante l’occupazione statunitense ed è rimasta sconvolta dalla decisione del nuovo governo islamista: “Osservavo i ragazzi andare a scuola mentre io non potevo farlo. Il mio cuore si è spezzato”. Le madri di queste ragazze sono cresciute sotto il primo governo talebano e non hanno avuto la possibilità di studiare, per questo incoraggiano le proprie figlie a farlo, come racconta Manizha, 18 anni: “Non vuole che rimanga analfabeta come lei”.
Come ricostruisce il Washington Post, il tema dell’istruzione femminile ha rivelato profonde divisioni all’interno della leadership talebana: in alcune aree dell’Afghanistan, infatti, i funzionati locali hanno permesso alle ragazze di continuare il proprio percorso di studi cedendo alle pressioni dei leader comunitari. I vertici talebani non sono contrari alle scuole femminili: molti, tra loro, hanno persino permesso alle proprie mogli e figlie di frequentarle. E stesso vice-ministro degli Esteri, Sher Mohammad Abbas Stanikzai a fine settembre ha lanciato un raro appello pubblico chiedendo la riapertura di tutte le scuole secondarie per le ragazze: “L’istruzione è obbligatoria per uomini e donne, senza alcuna discriminazione -ha dichiarato in un discorso televisivo-. Nessuno può offrire una giustificazione basata sulla sharia (legge islamica, ndr) per opporsi a questo”. La chiusura totale è invece il risultato delle pressioni di un piccolo gruppo di consiglieri ultra-conservatori che però formano la spina dorsale del movimento. Non è un caso che il mese scorso un chierico conservatore, fedele agli integralisti, sia stato nominato ministro dell’Istruzione.