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Maimouna Yade digita velocemente sul suo telefonino: “And xeekh kharafal khaleyou djiguen gni!”, scrive in Wolof. E invia il messaggio a più di 3.800 donne in tutto il Senegal: “Assieme possiamo fermare le mutilazioni genitali”.
Venticinque anni, Maimouna Yade è presidente dell’ “AfriYAN Girl”, la costola senegalese dell’ “African youth and adolescents network of population and developement”, lavora per fare in modo che la prossima generezione di ragazze senegalesi non debba più subire mutilazioni genitali. Sebbene questa pratica sia illegale in Senegal dal 1999, infatti, continua a persistere in alcune zone del Paese: nel 2014, infatti, il 26% delle donne senegalesi tra i 15 e i 49 anni avevano subito una mutilazione.
L’utilizzo dei social network nelle attività di sensibilizzazione sulle mutilazioni genitali ha avuto inizio nel 2013, con un corso organizzato dall’Unfpa (il fondo delle Nazioni Unite per la popolazione) e rivolto a una ventina di giovani attiviste sull’uso di Facebook, Twitter, Youtube e altri strumenti digitali. “Hanno imparato a usare internet per promuovere campagne contro le mutilazioni genitali” spiega Maimouna Yade. Subito dopo il corso è nata una pagina Facebook che ha ricevuto più di 3.800 visite da parte di giovani donne (ma anche uomini). Qui, possono condividere le proprie esperienze, discutere delle violenze di genere e usano la piattaforma digitale per organizzare eventi.
Queste persone sono preoccupate dagli effetti delle mutilazioni genitali – spiega Maimouna -. Facebook ci permette di raggiungere sempre più persone, di entrare in contatto con altre associazioni e far sapere loro quando organiziamo eventi formativi nella loro città”.
Maimouna racconta di come le ragazze senegalesi – anche quelle che vivono nelle aree più isolate e remote – siano determinate ad abbandonare la pratica violenta delle mutilazioni. Durante un viaggio svolto nell’ottobre 2014 in un villaggio a 15 chilometri dalla città più vicina Maimouna è rimasta impressionata dalle giovano donne che “vivono in un’area isolata ma vogliono cambiare. Parlavano di mutilazioni genitali e di matrimoni forzati. Vogliono prendere in mano il proprio futuro – racconta -. Se con la nostra associazione riusciremo ad aiutarle, potranno dare forma al proprio futuro e contribuire all’eradicazione delle mutilazioni genitali. Le loro figlie non dovranno mai subire questa pratica”.
Questa storia è tratta dall’ultimo report dell’Unfpa “Voices of changes”, dedicata ai progetti e alle donne che combattono le mutilazioni genitali in Africa

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