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Ancora pochi giorni, forse un paio di settimane, e Madina potrà abbracciare nuovamente sua madre. “L’ambasciata italiana di Kabul le ha concesso il visto. Può andare a ritirare il passaporto e poi raggiungermi”, racconta la ragazza in un’intervista al quotidiano Avvenire. Finiscono così lunghi mesi di paura in cui la mamma di Madina ha vissuto con la costante minaccia di essere uccisa dai talebani per aver protetto la figlia da un matrimonio combinato con un uomo molto più anziano di lei.
Della storia di Madina e di sua madre avevamo parlato anche sul blog InDifesa. Madina vive in Italia da una decina d’anni. Studia all’università ed è a pochi passi dalla laurea. Ma nel 2013 dall’Afghanistan arriva una notizia drammatica: la jirga, il consiglio degli anziani del suo villaggio, ha deciso che Madina dovrà sposare un uomo (molto più anziano di lei e già padre di molti figli) per porre fine a una faida tra le due famiglie. I genitori della ragazza, però, rifiutano queste nozze combinate.
“La prima cosa che ho pensato, quando ho saputo della decisione del jirga di darmi in sposa a quell’uomo è stata: sono in Italia, sono salva”. Ma il sollievo è durato solo pochi secondi: “Immediatamente ho realizzato che sarebbe stata mia madre a soffrire al posto mio”.
La ragazza chiede asilo politico in Italia e lo ottiene nel volgere di pochi mesi. A trovarsi in pericolo – ora – è sua madre. Perseguitata dai talebani, minacciata, isolata. Nel frattempo, il marito muore e la donna si ritrova ancora più sola e senza protezione.
Dall’Italia, Madina si dispera: presenta una prima domanda di ricongiungimento familiare che, malgrado il nulla osta della Prefettura, viene rigettata dall’ambasciata italiana di Kabul nell’agosto 2015. Sebbene non sia espressamente richiesto dalla legge, Madina deve provare che la madre è a suo carico: lei invia regolarmente soldi in Afghanistan, ma non ha mai usato il money transfer, preferendo la mediazione di persone di fiducia per non esporre la madre a rischi inutili.
È una corsa contro il tempo. Assistita dall’avvocato Francesco di Pietro, Madina presenta una nuova domanda di nulla osta alla Prefettura e una nuova richiesta di visto. Tra i fogli, anche le ricevute del money transfer. Questa volta la domanda è stata accolta.
“La mamma all’inizio non mi credeva, pensava che le stessi facendo uno scherzo – racconta Madina –. Sono contentissima. E ringrazio di cuore l’ambasciata”. Ora resta solo da compiere l’ultimo passo. “Mia mamma non ha mai preso un aereo ed è un po’ preoccupata – racconta Madina –. Chiederò a un parente di accompagnarla in aeroporto e fare una prima parte del viaggio con lei. Poi andrò a prenderla per accompagnarla in Italia”.
Dopo trent’anni di guerra e 15 anni di intervento internazionale, l’Afghanistan continua a essere uno dei Paesi più pericolosi al mondo. Per le donne e non solo. Solo nel 2015, la guerra strisciante combattuta contro i talebani ha causato più di 11mila vittime. L’esclusione sociale delle donne e delle bambine, la violazione dei loro diritti continua a essere altissima. La madre di Madina ha voluto ribellarsi a questa situazione. In un Paese dove l’80% delle donne non sa leggere né scrivere e dove 2,4 milioni di bambine non vanno a scuola, ha lottato con tutte le sue forze per dare alla figlia un’istruzione. «Mi diceva sempre: devi studiare per non essere dipendente da un uomo», racconta Madina.

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