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Ci sono tante immagini che possono riassumere il 2017 degli attivisti e di chi lotta contro i matrimoni precoci. Ci sono le manifestazioni organizzate in molte città africane, o la plenaria del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che ha approvato un’importante risoluzione sul tema. Ma quella più significativa -probabilmente- è quella scattata durante una sfilata di moda che si è svolta in Pakistan nel dicembre 2017. Nell’ambito della settimana della moda dedicata alle spose, sulla passerella hanno sfilato alcune ragazzine che indossavano un’inedita divisa scolastica decorata da motivi ornamentali in oro, a richiamare i tessuti preziosi dei tradizionali abiti da sposa. Un’iniziativa provocatoria, lanciata da UnWomen (Agenzia delle Nazioni Unite per le donne) “per sensibilizzare e mettere in luce una condizione che è ancora un grave problema in Pakistan”, si legge sul sito.
Società civile, associazioni, attivisti, governi e organismi regionali e sovranazionali. Sono stati tanti gli attori che -nel corso del 2017- si sono battuti contro i matrimoni precoci. “Il tema dei matrimoni infantili è stato sulle labbra di tutti nel 2017 -si legge sul sito “Girls not brides” (di cui Terre des hommes Italia fa parte)-. Siamo entusiasti che lo slancio non sia diminuito dall’ adozione degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Al contrario, lo slancio continua a crescere nei Paesi in cui il matrimonio infantile è più frequente, così come in quelli in cui il matrimonio infantile è più improbabile”.
Per affrontare al meglio e con maggiore consapevolezza le sfide del 2018, “Girls not brides” ha stilato un bilancio dei risultati più significativi raggiunti nel corso degli ultimi 12 mesi.

In Africa continua a crescere lo slancio del continente contro i matrimoni precoci

I Paesi dell’Africa centro-occidentale sono quelli in cui si registra la maggiore incidenza dei matrimoni precoci a livello mondiale. Per questo motivo è particolarmente significativo che i governi, attivisti e leader religiosi si siano riuniti per la Conferenza di alto livello per porre fine ai matrimoni precoci che si è svolta a ottobre. Durante la quale si sono raggiunti alcuni importanti risultati. L’Ecowas (la comunità economica degli stati dell’Africa occidentale) ha adottato una piattaforma strategica che individua -per la prima volta- il matrimonio precoce come uno dei cinque settori prioritari di intervento. Inoltre altri tre Paesi (Kenya, Benin e Guinea) si sono uniti alla campagna lanciata dall’Unione africana per contrastare i matrimoni precoci, portando il totale dei Paesi coinvolti a quota 21.

L’America latina intensifica gli sforzi contro i matrimoni precoci

Per la prima volta l’Organizzazione degli stati americani ha approvato una risoluzione in cui si impegna ad affrontare il matrimonio infantile attraverso la “Commissione interamericana delle donne”. Inoltre, diversi Paesi hanno inasprito la propria legislazione rendendo illegale il matrimonio per i ragazzi e le ragazze con meno di 18 anni.

Continuano gli sforzi degli organismi internazionali

Per la prima volta il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha riconosciuto la necessità di contrastare i matrimoni precoci nei contesti di crisi umanitaria. Il 22 giugno scorso stata approvata una risoluzione -proposta dall’Olanda e dalla Sierra Leone, con il supporto di 85 Paesi- riconosce i matrimoni precoci come una violazione dei diritti umani. E chiede un rafforzamento degli sforzi per prevenire ed eliminare questa pratica.“Le ragazze possono essere maggiormente esposte al rischio di matrimoni precoci durante e dopo crisi umanitarie come i conflitti, spostamenti forzati, disastri naturali -si legge sul sito di Girls not brides-. Spesso gli interventi umanitari tralasciano le loro esigenze. La risoluzione del Consiglio per i diritti umani è un importante passo avanti per affrontare questo problema”.

Aumentano i governi che hanno legiferato sui matrimoni precoci

Nel corso del 2017 sono stati 17 i Paesi che hanno approvato piani di intervento o strategie nazionali per contrastare i matrimoni precoci. Libano, Giordania, Bangladesh, Benin, Cameroun, India, Indonesia, Kenya, Mali, Senegal, Sierra Leone, Sud Sudan, Zimbabwe.
Altri Paesi, invece, hanno messo in atto interventi di tipo normativo per vietare i matrimoni sotto i 18 anni di età. Il Malawi, ad esempio, ha modificato la propria costituzione (stilata nel 2015) mettendo al bando i matrimoni precoci. Molti Paesi dell’America Latina (Repubblica Dominicana, Honduras, El Salvador e Guatemala) hanno innalzato l’età minima a 18 anni senza eccezioni (ad esempio il matrimonio tra minori con l’assenso dei genitori o di un tribunale). Lo stesso hanno fatto Germania e Olanda. Mentre in India, la Corte Suprema ha stabilito che i rapporti sessuali con una moglie minorenne sono -anche davanti alla legge- uno stupro.

Cresce la consapevolezza della società civile

Sono state tante, nel corso del 2017, le iniziative e le manifestazioni a supporto di campagne che hanno come obiettivo quello di sensibilizzare sul tema dei matrimoni precoci e il loro contrasto. Tra le tante iniziative, una in particolare ci ha colpito: in occasione della Settimana della moda dedicata alle spose che si è svolta in Pakistan nel dicembre 2017, tra le modelle, hanno sfilato anche alcune ragazzine che indossavano l’uniforme scolastica. Un’iniziativa lanciata da UnWomen per sensibilizzare sul tema e -nello specifico- per chiedere una modifica del “Child marriage restraint act”, la normativa nazionale che fissa a 16 anni l’età minima per il matrimonio delle ragazze.
Non mancano purtroppo anche notizie negative. Diversi Paesi tra cui Iraq, Bangladesh, Tanzania e Turchia hanno emanato o stanno discutendo leggi che mettono in discussione i diritti delle bambine. Il Bangladesh, come avevamo già scritto, ha approvato una nuova legge che permette alle ragazze con meno di 18 anni di sposarsi “in particolari circostanze”.

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