Le mutilazioni genitali femminili (MGF) vengono generalmente suddivise in tre categorie, a seconda della severità dell’intervento:
• la prima prevede l’asportazione parziale o totale della clitoride,
• la seconda comprende anche la rimozione parziale o totale delle piccole (e in alcuni casi anche delle grandi) labbra
• la terza categoria, l’infibulazione, è la forma più devastante per le bambine e le ragazze che la subiscono: prevede infatti non solo l’asportazione della clitoride ma anche la “chiusura” del canale vaginale “tagliando e riposizionando le piccole o le grandi labbra, talvolta mediante cuciture”, si legge sul sito dell’Organizzazione mondiale per la sanità.
In qualsiasi forma vengano praticate, le mutilazioni genitali sono internazionalmente riconosciute come una forma di violazione dei diritti umani delle bambine e delle ragazze.
Una violazione del loro diritto alla salute, alla sicurezza e all’integrità fisica, il diritto a non subire torture, trattamenti crudeli, inumani o degradanti e il diritto alla vita, nei casi in cui la procedura – che viene spesso praticata senza anestesia e in condizioni di scarsissima igiene – porti alla morte.
Le ragioni culturali dietro le mutilazioni genitali femminili
Le ragioni per cui vengono praticate le mutilazioni genitali variano da una regione all’altra e comprendono un insieme di fattori socio-culturali. Diverse società, ad esempio, le considerano un rito di passaggio, un momento fondamentale che sancisce l’ingresso delle ragazze nell’età adulta: il “taglio”, infatti, viene spesso praticato poco prima del matrimonio.
In altri contesti, invece, le considerano una modalità per controllare la sessualità delle giovani donne, promuovere la verginità pre-matrimoniale e la fedeltà coniugale.
Nessuna religione promuove o ammette le mutilazioni genitali femminili. Tuttavia, spesso sono le stesse donne a considerarle un requisito religioso.
E sebbene si tratti di una pratica percepita come legata alla religione musulmana – forse perché praticata da molti gruppi di questa fede – è importante sottolineare che non tutti i gruppi islamici la praticano. Mentre lo fanno altre comunità di fede cristiana, gli ebrei etiopi e i seguaci di religioni tradizionali africane.
La diffusione delle MGF in diverse parti del mondo
Secondo le stime delle Nazioni Unite sono circa 200 milioni le bambine, le ragazze e le donne che vivono con una mutilazione genitale.
Si tratta di un fenomeno diffuso in 27 Paesi africani, anche se la sua incidenza varia molto: nella regione del Corno d’Africa (in particolare in Somalia, Eritrea, Gibuti) e in Egitto interessa più del 90% della popolazione femminile.
In altri Stati la percentuale si abbassa anche se con significative differenze all’interno di alcuni gruppi etnici: in Kenya, ad esempio, la media nazionale è del 21%, ma se si osservano alcune province l’incidenza supera il 60%.
Al di fuori del continente africano le mutilazioni genitali vengono praticate in Yemen, in India, Indonesia, Iraq, Malesia ed Emirati Arabi Uniti, anche se mancano indagini statistiche attendibili.
Le conseguenze fisiche e psicologiche delle mutilazioni genitali femminili
Le mutilazioni genitali femminili non hanno alcun beneficio per la salute e provocano danni alla salute fisica e psicologica delle donne in molti modi.
Vengono spesso praticate con l’utilizzo di strumenti rudimentali (rasoi e lamette), in condizioni di scarsissima igiene, senza anestesia: oltre all’atroce dolore fisico, il “taglio” può provocare sanguinamento intenso ed espone al rischio di contrarre infezioni.
Condizioni che, a loro volta, possono anche causare la morte.
Le bambine e le ragazze che sopravvivono a questo trauma devono poi convivere per tutta la vita con problemi urinari (minzione dolorosa e infezioni del tratto urinario) e vaginali, sofferenze particolarmente acute durante il periodo mestruale, dolore durante i rapporti sessuali e aumento del rischio di complicazioni durante il parto.
Nel corso degli ultimi anni è aumentato il numero di bambine e ragazze che sono state “tagliate” da un operatore sanitario, in una clinica (pubblica o privata), con la possibilità di fare ricorso ad anestesia e medicinali adeguati per evitare le conseguenze più drammatiche, come le infezioni o il rischio di morte per dissanguamento.
La diffusione di questa modalità di intervento rappresenta un’ulteriore minaccia agli sforzi per contrastare le mutilazioni genitali femminili.
La medicalizzazione, infatti, può conferire un senso di legittimità alle Mgf e dare l’impressione che siano prive di conseguenze per la salute.
I progressi compiuti nella lotta alle MGF
Grazie agli sforzi messi in campo da associazioni e attivisti, nel corso degli ultimi decenni l’incidenza del fenomeno nei Paesi a tradizione escissoria è diminuita.
Se nel 1996 la subiva il 47% delle ragazze tra i 15 e i 19 anni, nel 2021 la percentuale è scesa al 34%.
Tuttavia, questi sforzi potrebbero non bastare: se le pratiche di mutilazione genitale continueranno ai livelli attuali, ogni anno 3 milioni di bambine potrebbero essere mutilate.
Come contribuire a fermare le mutilazioni genitali femminili
Uno dei mezzi più efficaci per combattere le mutilazioni genitali è quello di investire sull’istruzione femminile.
Le Mgf, infatti, sono generalmente più diffuse tra le figlie di donne non istruite: se le madri hanno completato almeno il ciclo di istruzione primaria le figlie hanno il 40% in meno di possibilità di subire il taglio.
E il rifiuto di questa pratica cresce con l’aumentare del livello di istruzione: in Etiopia l’incidenza delle Mgf è dell’85% più bassa tra le figlie di donne che hanno completato la scuola secondaria rispetto a quelle che non hanno studiato.
Per questo è prioritario per Terre des Hommes promuovere e favorire l’istruzione delle bambine e delle ragazze.
Nei suoi progetti pone particolare attenzione a tutto ciò che può servire a mantenere a scuola le alunne il più a lungo possibile, offrendo anche corsi di sostegno e recupero scolastico, sensibilizzando le famiglie e le comunità sulle conseguenze delle mutilazioni genitali, insomma puntando su un cambio culturale e sociale generazionale.
Per la protezione delle bambine e le ragazze da dodici anni è nata la Campagna Indifesa di Terre des Hommes, a cui chiunque può contribuire.
Insieme possiamo far sentire la nostra voce per un mondo diverso in cui ogni bambina cresca libera e in cui ogni ragazza possa coltivare i propri talenti e raggiungere i propri sogni.
Qui puoi donare alla Campagna Indifesa.