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“È successo tutto molto in fretta. I medici hanno tentato una rianimazione avanzata in terapia intensiva, ma non siamo riusciti a salvarla. Il suo corpo non era pronto per una gravidanza”.
Hernán Martínez, è il direttore dell’ospedale di Itaguá, una città del Paraguay a poca distanza dal confine con l’Argentina. La giovanissima vittima aveva solo 14 anni ed è morta mentre i medici le stavano praticando un taglio cesareo d’urgenza che ha permesso di salvare il bambino. La ragazzina –di cui non è stato reso noto il nome, ma solo le iniziali- era rimasta incinta a seguito di uno stupro. Ma in Paraguay –uno dei Paesi con la normativa più restrittiva al mondo in materia di aborto- vige un divieto quasi assoluto all’interruzione di gravidanza.
In Paraguay, infatti, l’aborto è illegale anche nel caso in cui la gravidanza avvenga a seguito di uno stupro o di un incesto. È illegale quando la gravidanza presenta un rischio grave, ma non mortale, per la salute della madre. Ed è illegale anche quando il feto non ha alcuna speranza di sopravvivere al di fuori dell’utero. “La sola eccezione permessa è in caso di complicazioni che mettono a rischio la vita della madre. Ma questa condizione non è sufficiente a tutelare le vite, la salute e la dignità delle donne e delle ragazze nel Paese”, denuncia Margaret Wurth, ricercatrice di Human Rights Watch.

Quattro casi di violenza al giorno contro le ragazze

“Non sappiamo se la ragazza volesse abortire o meno –riflette Wurth-. La decisione di interrompere una gravidanza è strettamente personale e avrebbe potuto decidere di continuare la gravidanza anche se avesse avuto la possibilità di abortire. Ma lei, i suoi genitori, il suo confessore e il suo medico avrebbero dovuto avere la possibilità di discutere e considerare i rischi legati alla gravidanza e la possibilità di concluderla”.
Vicende come questa sono molto diffuse in Paraguay. Nel Paese, infatti, si registrano ogni giorno quattro casi di violenze sessuali ai danni di ragazze mentre, secondo i dati del ministero della salute, ogni giorno due ragazze con meno di 15 anni mettono al mondo un bambino. Nel 2015 una bambina di appena 10 anni rimase incinta a seguito delle violenze subite dal patrigno. Nemmeno in quel caso, nonostante la richiesta avanzata dalla madre di interrompere la gravidanza, il ministero della Salute accordò il permesso: “Non ci sono indicazioni del fatto che la salute della ragazza sia a rischio. Noi non siamo favorevoli a un’interruzione di gravidanza”, aveva dichiarato il ministro della salute Antonio Barrios. “Non si tratta solo del diritto all’aborto, si tratta di un tema di salute pubblica, di servizi pubblici, di educazione sessuale, di prevenzione delle violenze e di quelle sessuali in particolare”, sottolinea Erika Guevara-Rosas di Amnesty International.

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