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Troppe bambine e ragazze congolesi si uniscono alle milizie armate perché non possono andare a scuola: non hanno i soldi per pagare le tasse o l’uniforme o le scarpe. Emarginate e allontanate scelgono quindi di imbracciare un fucile. Allo stesso tempo, però, la scuola rappresenta la migliore arma di riscatto. Le ragazze che hanno lasciato la foresta, infatti, farebbero di tutto per tornare sui banchi: “Devo tornare a scuola – racconta una di loro – Non so come, ma io devo studiare”.
Le baby combattenti rappresentano il 30-40% dei bambini soldato arruolati dai miliziani che scontrano da anni nelle foreste della Repubblica Democratica del Congo. Eppure, se si va a guardare ai programmi di smobilitazione le femmine sono solo l’8% del totale. Una situazione che si determina anche per le maggiori difficoltà (emarginazione e stigma sociale) che le ex bambine soldato devono affrontare.
L’organizzazione Child soldiers international” ha condotto una ricerca tra 150 ragazze (di età compresa tra i 12 e i 19 anni). Circa un terzo hanno spiegato di essersi arruolate volontariamente. Alcune lo hanno fatto per vendicare l’uccisione dei propri familiari, altre lo hanno fatto per trovare cibo e protezione, altre ancora perché non avevano alternative: non potevano più andare a scuola o non potevano più permettersi di pagare le tasse. Non potendo immaginare un futuro diverso, hanno scelto di imbracciare le armi. Come loro stesse raccontano:
“Se avessi potuto andare a scuola non mi sarei unita alla milizia”
“Avevamo sentito che avremmo potuto guadagnare un po’ di soldi unendoci ai combattenti. Così sono andata con loro perché volevo guadagnare abbastanza soldi per tornare a scuola”
“Mi hanno cacciata dalla scuola perché non potevo più pagare le tasse. Così, invece di restare tutto il giorno per strada a non fare nulla ho pensato fosse meglio unirmi ai miliziani nella foresta”.

Se avessero avuto la possibilità di restare sui banchi, dunque, queste ragazze non sarebbero mai diventate dei baby soldato. L’istruzione primaria nella RDC è gratuita e obbligatoria. Tuttavia, per poterle frequentare è necessario pagare delle tasse aggiuntive e affrontare le spese per libri di testo, uniformi e scarpe.
La maggioranza delle ragazze si è pentita di essere entrata in una delle tante milizie che insanguinano le regionni orientali della Repubblica Democratica del Congo: la vita nella foresta è un incubo. Le bambine vengono costrette a combattere e uccidere, spesso vengono drogate, costrette a svolgere lavori pesanti, subiscono abusi e violenze (anche sessuali). Molte di loro – quando abbandonano le armi – hanno già un figlio a cui badare.
Il ritorno nei villaggi d’origine è molto difficile. “Mentre c’è stato un buon successo per i programmi di disarmo dei bambini – si legge nel report di Child soldiers international – la vergogna e il timore di essere rifiutate dalle comunità di origine hanno spinto molte ragazze a restare nella foresta”. Cancellare lo stigma sociale è molto difficile, spesso sono le stesse famiglie che non accettano più le ex combattenti, additandole come prostitute. La possibilità di tornare sui banchi – spiegano da “Child soldiers international” sarebbe un’opportunità importante per avviare un vero percorso di reinserimento nel tessuto sociale. Ma per farlo servono maggiori fondi e soprattutto una consapevolezza e un coinvolgimento maggiore da parte del governo della Repubblica Democratica del Congo che – a oggi – non investe abbastanza in questi programmi. Delegando la maggior parte del lavoro alle ong presenti sul territorio e alla missione delle Nazioni Unite.

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