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Fanta aveva solo 16 anni quando ha iniziato una “relazione” con il suo insegnante, un uomo di 30 anni. Sebbene in molti a scuola fossero a conoscenza di questo legame -compresi diversi insegnanti- nessuno ha fatto nulla. A soli 17 anni Fanta ha scoperto di essere incinta, ma l’uomo ha negato le sue responsabilità, anche di fronte alle accuse del padre della ragazza che aveva cercato di risolvere la questione con discrezione “per evitare di gettare scandalo” sulla ragazza che viveva in un piccolo villaggio. Nemmeno quando la gravidanza di Fanta è diventata evidente, le autorità scolastiche sono intervenute: “Mi sono sentita umiliata davanti ai miei compagni di classe”, racconta la ragazza -che oggi ha 23 anni- in un report pubblicato da Human Rights Watch (“It’s not normal: sexual exploitation, harrassment and abuse in secondary schools”) e che indaga il fenomeno delle violenze tra i banchi di scuola.
“In Senegal, ragazze con Fanta affrontano alti livelli di violenza da parte di insegnanti e altri funzionari scolastici”, denuncia HRW. Difficile stimare le dimensioni di questo fenomeno, dal momento che le denunce sono poche. Una violenza che può assumere diverse forme (dalle molestie agli abusi sessuali) e che spesso inizia con la semplice richiesta del numero di telefono o di un appuntamento al di fuori degli orari scolastici. Messe di fronte a queste richieste, per le ragazze -in larga parte minorenni e soggette all’autorità di una figura importante nella loro vita- è difficile opporre resistenza. Il timore di subire una ritorsione (una punizione o un brutto voto) spinge molte di loro a cedere al ricatto. Aïssatou, 16 anni, ha avuto il coraggio di dire di no. “Un giorno -ricorda- l’insegnante mi ha chiesto di andare a casa sua. Quando sono arrivata mi ha offerto dei soldi e dei piccoli regali. Io gli ho detto di no….e lui è diventato cattivo. Ha detto che non mi avrebbe dato buoni voti”.
Uno scenario che le stesse ragazze (e, in una certa misura, insegnanti e funzionari scolastici) faticano a identificare come un abuso e che definiscono, semplicemente, una “relazione” tra insegnanti e studenti. Human Rights Watch ritiene che “questo tipo di caratterizzazione mina la gravità dell’abuso, influisce sulla segnalazione e offusca la percezione dei responsabili della gravità di questi abusi. Molti dei casi documentati in questo rapporto dovrebbero essere trattati, e perseguiti, come sfruttamento sessuale e abuso di minori”.

Violenze a scuola, la risposta del governo

Comportamenti che in Senegal possono essere puniti molto duramente, nel caso in cui le ragazze abbiano meno di 16 anni. Molestie e coercizioni degli studenti a fini sessuali e l’abuso di potere possono costare a un insegnante una pena massima fino a 10 anni di carcere. In questi anni, il governo del Senegal ha inoltre fatto importanti passi avanti per contrastare la violenza sessuale e la discriminazione di genere nelle scuole. Nel 2013 ha adottato una robusta strategia finalizzata a proteggere le bambine dalle violenze e a prevenire le gravidanze a scuola e per facilitare l’accesso e la permanenza all’istruzione secondaria. Per raggiungere questi obiettivi, le scuole hanno applicato una politica di “tolleranza zero” nei confronti delle violenze in ambiente scolastico e creando uno “spazio sicuro” dove le ragazze possono denunciare gli abusi. “Dico sempre alle mie studentesse che se un insegnante chiede loro dei ‘favori’ devono denunciarlo immediatamente”, spiega Laila Mané, insegnante e membro del team governativo per il contrasto alla violenza. Tuttavia, la mancanza di una politica nazionale applicata in maniera uniforme ostacola l’efficacia di questo provvedimento.
“Il governo vuole che le ragazze abbiano una buona istruzione –sottolinea Elin Martinez, autrice del report-. Ma per ottenere questo risultato è importante che finisca la cultura del silenzio che circonda gli abusi da parte degli insegnanti, che si incoraggino le ragazze a denunciare e che si mandi a tutti gli attori del mondo della scuola un messaggio inequivocabile: le violenze contro le studentesse non saranno più tollerate”.

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