Bambini detenuti nelle carceri italiane: è una realtà che non può essere più accettata. Se ne contavano 33 nel mese di ottobre, qualcuno in compagnia di un fratellino / sorellina, essendo 31 le mamme, secondo le statistiche del Ministero della Giustizia. Possono sembrare numeri piccoli, ma se si pensa alle conseguenze che la detenzione ha sul piano psicologico, emotivo e fisico di un bambino piccolo, la portata del fenomeno è devastante e inaccettabile.
Per questo A Roma, insieme, La Gabbianella e Terre des Hommes chiedono con urgenza che venga riformata, con interventi non più procrastinabili, la legge 62/2011 che, oggi, permette questo.
L’Italia deve disporre di una legislazione in materia di infanzia in grado di assicurare sempre il rispetto del superiore interesse del minore e questo, a maggior ragione, se i bambini destinatari delle sue disposizioni vivono una condizione di estrema vulnerabilità, quale quella causata dalla detenzione con la propria mamma.
Pur animata da nobili finalità, quella legge fu un tentativo non riuscito di migliorare la condizione dei bambini a rischio di detenzione, come dimostra il corso dei dieci anni di applicazione della legge. Infatti, a causa di storture e limiti di applicazione della legge, paradossalmente l’hanno per taluni versi aggravata.
Oggi ad esempio è previsto che un bambino possa rimanere nel carcere (o in una struttura di detenzione attenuata quali sono gli ICAM) sino ai 6 anni, quando prima il limite era 3.
Inoltre la legge, pur introducendo, finalmente l’istituto delle Case Famiglia Protette, alternativa concreta alla detenzione, nei fatti non le rende facilmente accessibili, prevedendo, tra le altre cose, che non vi siano oneri a carico dello Stato per il loro sostentamento.
Questi e molti altri sono gli elementi che fanno richiedere una tempestiva riforma dell’attuale disciplina, che permetta finalmente di rispondere ai bisogni di protezione, cura, assistenza e promozione del diritto del bambino di vivere e crescere davvero in un ambiente adatto alle sue necessità.
Cosa chiediamo:
• Che il numero di bambini che ancora oggi varcano la soglia del carcere con la madre detenuta (in misura cautelare o in esecuzione pena) sia il più basso possibile considerando la carcerazione, anche attenuata nelle ICAM, l’estrema ratio;
• Che al 3° anno di età i bambini siano obbligatoriamente fatti uscire dal carcere e/o dagli ICAM e la madre sia sempre coinvolta nel percorso di uscita del figlio, permettendole di svolgere quel naturale ruolo ‘ponte’ con l’esterno, che eviterebbe al bambino un trauma all’atto della separazione;
• Che dal 9° mese di vita i bambini presenti in carcere o ICAM siano inseriti in strutture per l’infanzia, esterne al sistema penitenziario;
• Che nell’ottica di ridurre al massimo la frequentazione dei luoghi carcerari da parte del bambino, siano favorite attività ulteriori rispetto al nido e alla scuola dell’infanzia: laboratori, iniziative di svago e gioco etc. In quest’ottica sia quindi promosso e favorito l’istituto dell’affidamento diurno (affidamento ad una famiglia e/o singola persona individuata dal Comune che accoglie il bambino durante il giorno, mentre la sera e in caso di malattia il bambino resta con la madre). Solo ed esclusivamente per le residue ore in cui il bambino è costretto a frequentare il carcere si chiede che tali attività siano previste anche al suo interno.
Una proposta di riforma della legge, quella a firma dell’On. Siani, riprende gran parte di queste richieste, ma non è stata ancora calendarizzata la sua discussione in aula della Commissione Giustizia alla Camera.
Le tre organizzazioni invitano dunque il Parlamento a riattivare urgentemente il dibattito sul tema, per permettere l’approvazione di alcune modifiche all’attuale impianto normativo, non più rimandabili.
“Non si può crescere bene tra mura intrise di dolore” è la frase guida del mio libro “Uscire di carcere a 6 anni (Franco Angeli Editore)”, dichiara Carla Forcolin, presidente dell’Associazione La Gabbianella. “I bambini devono stare in carcere il minor tempo possibile. Se proprio devono seguire la madre in istituti di pena, dagli stessi devono uscire presto e, finché la madre è lì, devono comunque frequentare l’asilo nido e la scuola materna. Io sono da sempre contraria all’istituzionalizzazione. La Gabbianella è un’associazione che nasce sulle tematiche dell’affidamento. Credo che se i Comuni in cui ci sono istituti di pena dessero a persone “solidali” il compito di accompagnare i bambini fuori per molte ore, diciamo fino a sera, e poi queste persone (educatori o persone appositamente formate e seguite) li riportassero dalla mamma, i bambini non subirebbero quella deprivazione di stimoli, rapporti, esperienze, conoscenze, linguaggi, che il carcere porta purtroppo con sé”.
“La legge 62/11 ha introdotto finalmente l’istituto delle Case Famiglia Protette, ma troppo esiguo è il ricorso a questa soluzione. Si sceglie ancora troppo il carcere o, in alternativa l’ICAM – Istituto a Custodia Attenuata per Madri, come fosse la soluzione e dimenticando invece che anche questa è una struttura fondamentalmente carceraria, non adeguata a rispondere al bisogno di un bambino di poter crescere i primi anni della vita con la mamma”, afferma Federica Giannotta, Responsabile Advocacy e Programma Italia di Terre des Hommes.
“Ci riconosciamo in generale nei contenuti e finalità della proposta di legge di cui è primo firmatario l’On. Siani. Su di essa, come su altre proposte riguardanti questo tema specifico, si apra finalmente in Parlamento un vero confronto e il legislatore decida, su una linea di indirizzo che abbia riguardo innanzitutto all’interesse del bambino, alla salvaguardia del rapporto di affettività genitore figlio. La legislazione penale italiana in questo campo attende finalmente segni concreti di misure improntate alla umanizzazione della pena che siano degne di un paese civile“, ricorda Giovanna Longo, presidente di A Roma, insieme.