Allarme sharenting: se la privacy dei bambini finisce online

Allarme sharenting: se la privacy dei bambini finisce online

I social sono oggi abitati da famiglie e sempre più da bambini le cui immagini vengono condivise, spesso, dagli stessi genitori. Quali sono i rischi?

Viviamo in un’epoca in cui l’infanzia viene condivisa pubblicamente, spesso inconsapevolmente, da chi più dovrebbe proteggerla: i genitori. Lo sharenting, un neologismo che indica la condivisione di immagini, video e informazioni sui figli da parte dei genitori sui social media, è un fenomeno sempre più diffuso, che solleva interrogativi profondi sui diritti digitali dei minori, sulla loro sicurezza e sul rispetto della loro identità.

Il Garante della Privacy avverte: “È necessario che i “grandi” siano consapevoli dei pregiudizi cui sottopongono i minori con l’esposizione in rete (tendenzialmente per sempre) delle loro foto, anche in termini di utilizzo di immagini a fini pedopornografici, ritorsivi o comunque impropri da parte di terzi”.

In un mondo interconnesso è, quindi, urgente fermarsi a riflettere: stiamo esponendo l’infanzia, seppur inconsapevolmente, a rischi che potrebbero avere conseguenze gravi e durature?

Cosa significa sharenting

Il termine sharenting nasce dalla crasi di sharing (condividere) e parenting (genitorialità). Con questo neologismo si indica l’atto di pubblicare contenuti online riguardanti i propri figli: prime pappe, primi passi, recite scolastiche, malattie, emozioni e momenti intimi.

Spesso lo si fa in buona fede, per condividere gioie familiari o per documentare la crescita dei propri figli. Ma ciò che per noi è un gesto affettivo, per i bambini è un’esposizione pubblica non consenziente della propria identità. E questa pratica, per quanto diffusa, è tutt’altro che innocua.

I rischi: privacy, sicurezza e identità

Condividere immagini e video di persone non consenzienti, come potrebbe essere il caso di un figlio minore, pone innanzitutto un problema di privacy: lo sharenting va a comporre un vero archivio storico digitale pubblico

Il tribunale di Roma ha ordinato rimozione e multa

Sull’argomento in Italia una delle prime sentenze è stata quella del Tribunale di Roma (ordinanza del 23 dicembre 2017, procedimento 39913/2015), dove il giudice ha ordinato non solo la rimozione delle immagini, ma anche il pagamento di una somma di denaro in favore dei figli. Il caso (e non è l’unico) è quello di un sedicenne che ha chiesto tutela contro una madre troppo “portata” a post e commenti web su di lui; da allora non ha potuto più farlo, pena un’ammenda di 10 mila euro. 

Esporre un’identità che non è nostra: digital footprint senza consenso

I bambini, a differenza degli adulti, non possono dare un consenso informato. Pubblicare una loro immagine significa decidere al loro posto, spesso senza comprendere l’impatto a lungo termine. Secondo uno studio dell’Università di Florida, in media, un bambino ha oltre 1.300 immagini online prima dei 13 anni. Questo significa che, prima ancora di avere accesso a internet, ha già una digital footprint ben definita.

Sharenting e pedopornografia: un pericoloso collegamento

Le immagini dei bambini possono finire in mani sbagliate e il fenomeno della pedopornografia online è purtroppo una piaga che non si può ignorare. Secondo il rapporto 2025 della Polizia Postale, il numero di casi è in aumento rispetto all’anno precedente (nel 2024 sono stati 2828, a fronte di 2702 nel 2023) ed è destinato a seguire questo trend. 

Molti contenuti pedopornografici provengono da immagini postate sui social da genitori in modo inconsapevole e poi rielaborati con programmi grafici o – come avviene sempre più spesso – con l’intelligenza artificiale. Lo sharenting può diventare una miniera d’oro per predatori digitali, truffatori e criminali informatici. Ecco perché proprio la Polizia Postale ha promosso tantissime iniziative rivolte ai genitori e agli insegnanti, cioè a coloro che più di tutti sono a contatto con bambini e adolescenti.

L’impatto psicologico sul bambino

Un’infanzia sorvegliata

Lo sharenting crea un’idea di infanzia “osservata”, giudicata, trasformata in contenuto. Questo può danneggiare il senso di sicurezza del bambino, generare ansia sociale, timore di deludere le aspettative, senso di invasione. Crescere con l’idea di essere costantemente online può influenzare negativamente l’autostima e la costruzione dell’identità.

Vergogna e umiliazione

Alcuni contenuti diventano virali proprio perché imbarazzanti. Bambini ripresi mentre piangono, fanno capricci o dicono parole buffe. Ciò che fa sorridere gli adulti può ferire profondamente un bambino, specialmente crescendo ed esporlo anche a cyberbullismo. È un’esposizione pubblica che non tiene conto delle loro emozioni e di quel che potrebbe generare in futuro.

Conseguenze a lungo termine

Alcuni studi suggeriscono che lo sharenting può compromettere il rapporto di fiducia tra genitori e figli, influenzando lo sviluppo della privacy personale, dell’autonomia e dell’autodeterminazione digitale.

La responsabilità genitoriale digitale

Essere genitori oggi significa anche assumersi nuove forme di responsabilità digitali

In primo luogo, non è più possibile trincerarsi dietro l’ignoranza dei mezzi, tanto più che oggi quasi tutti i genitori (nella fascia 25-55) sono essi stessi fruitori dei social network. Conoscere è il primo passo per proteggere e quindi sapere come non esporre i propri figli

In secondo luogo, prima di postare una foto, è importante chiedersi se è davvero necessario e se l’azione che stiamo facendo tutela davvero nostro figlio oppure se stiamo solo cercando approvazione dal “nostro” pubblico.  

La legge e il diritto all’oblio

Il Dispositivo dell’art. 10 del Codice Civile stabilisce che se l’immagine di una persona (e si specifica anche dei figli) sia esposta o pubblicata in modo da pregiudicare il decoro o la reputazione della persona stessa, “l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni”.

Verso un’educazione all’uso consapevole dei social

Lo sharenting può diventare un’opportunità educativa se trasformiamo la condivisione in dialogo. Insegnare ai figli che non tutto si pubblica, che l’intimità è un valore e che anche nel digitale esistono rispetto, ascolto e consenso.

Costruire una cultura del rispetto

È fondamentale creare una cultura digitale centrata sul rispetto dei diritti umani, sull’inclusione e sulla protezione. Questo riguarda famiglie, scuole, istituzioni e aziende tecnologiche. I social network devono rendere più semplici e accessibili le opzioni per proteggere i minori, ma la prima barriera resta la consapevolezza dell’adulto.

Genitori, figli, educatori: alleati per un cambiamento duraturo

Servono alleanze consapevoli tra genitori, educatori e figli. Terre des Hommes si batte affinché ogni bambino o ragazzo possa contribuire attivamente a cambiare la società e la cultura del mondo in cui vive: dobbiamo permettergli di costruire liberamente, in autonomia e in piena sicurezza la propria identità, anche (e soprattutto) digitale.

I valori e l’impegno di Terre des Hommes

Proteggere l’infanzia è una missione che non può limitarsi solo al mondo fisico e deve estendersi al digitale. Ogni bambino ha diritto a vivere libero da ogni forma di esposizione che possa generare sofferenza, disagio o discriminazione.

Terre des Hommes è impegnata a proteggere i bambini e le bambine anche dagli abusi online ed è promotrice di alcune proposte di riforma della normativa vigente per assicurare una loro effettiva e immediata salvaguardia.

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