Secondo l’Organizzazione Mondiale del Lavoro (OIL) si può parlare di lavoro minorile quando l’attività lavorativa mette a rischio la salute e lo sviluppo dei bambini, oppure quando richiede troppe ore di lavoro e/o che viene svolta da bambini troppo piccoli. Non viene quindi considerato lavoro minorile:
- il lavoro di minorenni che hanno l’età minima per lavorare (per esempio: 16 anni per l’Italia)
- l’aiuto alle attività lavorative della famiglia negli orari extrascolastici o durante le vacanze (sempre che non siano compiti troppo pesanti)
- i lavoretti svolti dai bambini per guadagnarsi una paghetta dopo la scuola o in vacanza.
Il lavoro minorile, infatti, interferisce con i diritti fondamentali dei bambini come quello all’istruzione e al gioco.
Quali sono le peggiori forme di sfruttamento minorile
Secondo l’articolo 3 della Convenzione n. 182 dell’OIL le peggiori forme di sfruttamento minorile sono:
- tutte le forme di schiavitù o di pratiche simili alla schiavitù, come la vendita e la tratta di bambini, la schiavitù da debito o da nascita e il lavoro forzato, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori nei conflitti armati e la schiavitù domestica;
- l’utilizzo di bambine e bambini per la prostituzione, per la produzione di pornografia o per spettacoli pornografici;
- l’utilizzo di bambine e bambini per attività illecite, per esempio la produzione e lo spaccio di stupefacenti, furti, ecc.
- i lavori che, per la loro natura o per le circostanze in cui vengono svolti, possono nuocere alla salute, alla sicurezza o alla morale dei bambini (lavori in miniera, in discarica o in siti industriali o artigianali con sostanze pericolose o velenose, ecc.).
Tutte queste forme di lavoro sono incompatibili con la dignità, la salute e lo sviluppo dei bambini e la loro eliminazione è considerata una priorità da tutti i Paesi firmatari della Convenzione 182.
I numeri dello sfruttamento minorile nel mondo
Purtroppo la realtà è un’altra. Ancora in molti Paesi il lavoro minorile è la quotidianità di molti bambini e bambine. Secondo le ultime stime dell’OIL:
- 160 milioni sono i minori che lavorano pur non avendo l’età minima legale per lavorare
- 79 milioni di loro fanno lavori pericolosi
- 97 milioni sono bambini maschi
- 63 milioni sono bambine.
Quali sono i paesi più a rischio
La regione dove lo sfruttamento minorile è maggiormente presente l’Africa Subsahariana.
Qui ci sono infatti 125,6 milioni di bambini lavoratori, 38,6 milioni dei quali fanno lavori pericolosi.
Segue l’Asia Pacifico, con 70,9 milioni (22,2 milioni di loro occupati in lavori rischiosi).
Il resto dei continenti per fortuna hanno numeri molto più bassi.
I numeri dello sfruttamento minorile in Italia
In Italia il lavoro minorile al di sotto dei 16 anni è illegale, pertanto i casi di bambine e bambini sfruttati sono prevalentemente invisibili, salvo poi uscire alla ribalta delle cronache per infortuni o indagini della Polizia.
Nel 2023 sono stati pubblicati due report sul tema.
– il primo stimava che 336 mila minorenni tra i 7 e i 15 anni (quasi 1 minore su 15) avessero avuto esperienze di lavoro continuative, saltuarie o occasionali. Più di un quarto di loro avrebbero svolto un lavoro dannoso per la salute e il benessere psicofisico.
– il secondo stabiliva che nel 2022 sono stati 69.601 i lavoratori minorenni tra i 15 e 17 anni, segnando un incremento rispetto ai 51.845 del 2021.
– secondo lo stesso report tra il 2017 e il 2021 le denunce di infortunio di minorenni fino a 14 anni (quindi ben al di sotto dell’età legale) sono state 223.262 mentre nella fascia di età 15-19 anni sono state 128.878.
– Le cinque regioni con il maggior numero di ragazzi fino a 19 anni occupati tra il 2017 e il 2021 sono Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Puglia.
Le cause dello lavoro minorile
Alla radice dello sfruttamento dei bambini c’è sempre la povertà e l’esclusione sociale.
Se una famiglia non riesce ad avere sufficienti entrate per tutti i suoi membri è molto probabile che conti anche sul lavoro dei bambini e delle bambine per andare avanti.
Per esempio, le bambine spesso vengono affidate a altre famiglie che si impegnano a dar loro da mangiare in cambio di servizi in casa. A volte promettono pure di farle studiare ma poi il lavoro è talmente tanto che le bambine finiscono con il restare chiuse in casa tutto il giorno a fare le faccende.
Anche i conflitti possono diventare una causa del diffondersi del lavoro minorile.
Spesso infatti le famiglie sfollate non hanno più alcun reddito e i bambini sono quelli che più velocemente trovano un lavoro visto che vengono pagati poco.
Nella precarietà di alcuni periodi (come il Covid e lo scoppio delle guerre) cresce anche il numero delle bambine e dei bambini vittime di tratta che finiscono nelle reti delle organizzazioni criminali per essere sfruttati nella prostituzione (anche online), nell’accattonaggio e altri tipi di lavori forzati.
Quali sono le conseguenze dello sfruttamento minorile
La prima conseguenza del lavoro minorile è l’abbandono scolastico.
Il bambino e la bambina che lavora non ha tempo di studiare e quindi spesso ha risultati talmente scarsi che finisce per lasciare completamente il suo percorso di studi.
Ciò rappresenta anche la perdita di qualsiasi prospettiva di miglioramento futuro grazie allo studio e a un lavoro qualificato, perpetuando il ciclo che da povertà porta a ulteriore povertà.
Altre conseguenze sono quelle sul fisico dei bambini, sottoposti a sforzi ripetuti e pesanti e a rischio di infortuni.
Ma anche ci sono ripercussioni sulla loro psiche, a causa dell’isolamento dagli altri coetanei, l’abbandono dei loro sogni per il futuro e del difficile contesto in cui devono passare lunghe ore della loro giornata.
In ultimo, occorre sottolineare le drammatiche conseguenze dello sfruttamento sessuale, dei reclutamenti forzati e del coinvolgimento in attività illegali, che marchiano per sempre il/la minore .
Cosa fare per combattere la piaga dello sfruttamento minorile
La lotta alle disuguaglianze sociali e il rafforzamento dei sistemi di protezione sociale sono le due più importanti strategie per ridurre il numero di bambini lavoratori.
Fondamentale anche l’allocazione di adeguate risorse ai sistemi scolastici nazionali, in modo da permettere l’accesso all’istruzione a tutti i bambini e le bambine, fino al compimento del ciclo secondario di primo grado.
Questo vuol dire anche rendere gratuiti i libri e i trasporti fino alla scuola, in modo che anche le fasce più povere della popolazione possano poter mandare i propri figli a scuola senza avere ulteriori spese.
L’impegno di Terre des Hommes e le sue iniziative
La nostra organizzazione è da sempre impegnata a sconfiggere il fenomeno dello sfruttamento minorile e a supportare i bambini e le bambine che lavorano.
Per esempio in Perù sosteniamo il Centro Yanapanakusun che accoglie bambine e ragazze sfruttate nelle case come domestiche assistendole per recuperare il loro percorso scolastico e ottenere un titolo di studio professionale.
In molti Paesi in cui siamo presenti sosteniamo il sistema educativo nazionale perché offra un’educazione di qualità agli alunni e contrasti l’abbandono scolastico con corsi di recupero e doposcuola anche per i bambini lavoratori. In molti casi paghiamo le spese d’iscrizione, forniamo trasporto gratuito e kit scolastici alle famiglie più in difficoltà.
Se vuoi contribuire all’istruzione di un bambino o una bambina attiva un sostegno a distanza o fai una donazione, il tuo aiuto arriverà lì dove più c’è bisogno!