Body shaming: la ferita che colpisce bambini e adolescenti

Body shaming: una ferita che colpisce soprattutto bambini e adolescenti

Il Body Shaming non è solo un disagio: è un problema sociale che riguarda diritti umani, uguaglianza, inclusione e la salute mentale di intere generazioni.

Il body shaming è una delle forme più diffuse di violenza psicologica e interessa tutti, bambini, bambine, adolescenti e persone adulte. Tuttavia, è sui primi che sortisce gli effetti più devastanti, specie a lungo termine.

Negli ultimi mesi il body shaming è tornato al centro della cronaca italiana per via di storie di insulti sui social, bambini presi in giro a scuola, adolescenti schiacciati da un giudizio continuo sul proprio corpo.

Cos’è il body shaming?

Il body shaming, inteso come la denigrazione, la critica o l’umiliazione di un individuo basata sul suo aspetto fisico, è innanzitutto un fenomeno di violenza verbale e psicologica che ha assunto proporzioni epidemiche nella società contemporanea, in particolare tra le fasce giovanili. 

Di solito, viene colpito di preferenza chi è considerato non aderente ai canoni estetici della cultura in cui vive e non ha importanza che la vittima abbia la possibilità di modificarlo o no.

Ciò che viene considerato “canone estetico” è, per giunta, spesso lontano dalle caratteristiche di un corpo umano comune o sano: viene di solito esaltata come “bella” un’eccessiva magrezza oppure vengono denigrate caratteristiche personali e immutabili quali l’altezza (troppa o poca), oppure tratti somatici unici che caratterizzano l’individualità della persona.

La vittima viene colpevolizzata e indotta alla vergogna, si mina la tenuta dell’autostima e – nei casi più gravi e reiterati – le vittime di body shaming sviluppano problemi come ansia, depressione, disturbi alimentari fino ad arrivare anche ad atti di autolesionismo o suicidio.

Il Governo istituisce il 16 maggio, la giornata nazionale contro la denigrazione dell’aspetto fisico

Secondo un’indagine condotta da Ipsos su oltre 14mila giovani tra i 14 e i 19 anni, le caratteristiche fisiche sarebbero il primo motivo per cui si diventa oggetto di violenza e questo elemento sarebbe scatenante nel 50% dei casi. Dati allarmanti che impongono un’attenzione vigile sui ragazzi.

Proprio per questo motivo, il Governo ha recentemente istituito la Giornata nazionale contro la denigrazione dell’aspetto fisico delle persone, fissata al 16 maggio di ogni anno. Il fine di questa giornata è sensibilizzare i cittadini sulla gravità del body shaming e promuovere ogni iniziativa utile a prevenire e contrastare le condotte volte a denigrare e ridicolizzare una persona per il suo aspetto fisico in ambito civile, scolastico o istituzionale.

Un’azione necessaria, specialmente per i giovani. Vediamo perché e a cosa possono portare comportamenti discriminatori e vediamo anche, insieme, come si impegna Terre des Hommes per contrastare le discriminazioni.

L’impatto del body shaming sulla popolazione

L’impatto del body shaming si inserisce in un contesto di preesistente vulnerabilità psichica. Tra il 2018 e il 2022, la prevalenza di ansia e depressione tra i giovani italiani sotto i 20 anni è cresciuta del 20%, rendendo gli adolescenti altamente suscettibili agli effetti cronici della denigrazione corporea.

Gli effetti del body shaming non si esauriscono nel momento del commento: si accumulano, erodendo autostima e salute mentale. Una ricerca scientifica mostra come lo stigma del peso, ad esempio, incrementi stress, isolamento e condotte alimentari disfunzionali, soprattutto quando il pregiudizio viene interiorizzato. 

Affrontare il body shaming significa dunque affrontare un’emergenza non solo educativa e culturale, ma anche sanitaria che riguarda tutti noi, dai genitori agli insegnanti, dai pari ai social network.

Effetti del Body Shaming che conosciamo e che non conosciamo

Sulla base degli studi più attuali si possono identificare sette principali conseguenze psicologiche e comportamentali:

  •       Vergogna e senso di colpa: emozioni primarie che innescano la ruminazione mentale, l’autocritica distruttiva e il ritiro sociale. Il ragazzo o la ragazza presi di mira per il loro aspetto fisico iniziano a pensare che gli attacchi siano giustificati da loro mancanze  e il risultato è una visione distorta del proprio corpo che conduce alla vergogna.
  •       Ansia e comportamento di evitamento: il timore costante del giudizio può evolvere in ansia sociale spingendo, ad esempio, la vittima a evitare luoghi pubblici dove il corpo è particolarmente esposto: spogliatoi, palestre o persino visite mediche. In questi casi si preferisce limitare o annullare la partecipazione ad attività piacevoli e salutari.
  •       Distorsione dell’immagine corporea: caratterizzata da una iper-focalizzazione sui presunti “difetti”, un confronto sociale costante e un controllo ripetuto della propria immagine (ad esempio, tramite specchi o foto).
  •       Comportamenti alimentari disfunzionali: l’aggressione verbale alimenta l’adozione di restrizioni alimentari severe, abbuffate compulsive e cicli punitivi che innalzano i livelli di stress: anoressia, bulimia, e gli altri disturbi alimentari in genere, potrebbero avere origine proprio da fenomeni di body shaming.
  •       Bias interiorizzato del peso (internalized weight bias): rappresenta l’accettazione dello stigma del peso come una verità personale, dove l’individuo assimila il concetto tossico di “valgo quanto peso”. Questo fattore ha ricadute estremamente negative su motivazione e umore.
  •       Difficoltà relazionali e intimità: la paura del giudizio corporeo porta a evitare il contatto fisico, complica la sessualità e l’avvio di nuove conoscenze, rafforzando l’isolamento e, in alcuni casi, portando a tollerare dinamiche di controllo nelle relazioni pur di non esporsi.
  •       Rinvio delle cure cliniche: un grave effetto sulla salute è il rinvio di accertamenti clinici, causato dal timore della discriminazione in ambito sanitario a causa del proprio peso.  

 

La cronaca degli ultimi mesi: dai Vip alle discriminazioni in famiglia

Parole come “ciccione”, “brutto”, “nano” o “secco” non sono solo offese da poco.
Se ripetute giorno dopo giorno, soprattutto da un genitore a un figlio che sta ancora costruendo la propria identità, lasciano segni profondi.
La legge ora lo riconosce chiaramente: questi comportamenti, quando diventano abituali e umilianti, rientrano a pieno titolo tra i maltrattamenti in famiglia previsti dall’articolo 572 del Codice Penale.

La questione è tornata prepotentemente in luce dopo la condanna della Corte di Cassazione a un padre che avrebbe chiamato “cicciona”, ripetutamente, la figlia di appena 11 anni.

Questo grave caso di maltrattamento in famiglia non è certo l’unico. Le notizie riguardano tanto le persone comuni che i Vip che hanno, dalla loro, il fatto di esporre sicuramente più di altri la loro immagine attraverso piccoli e grandi schermi, oltre che canali social: Ariana Grande, Heather Parisi, Millie Bobby Brown o la rapper Big Mama che del suo corpo ha fatto un vero strumento di comunicazione sulla body positivity, l’esatto contrario del body shaming.

Il ruolo della famiglia: il primo specchio che forma l’identità

Il primo luogo in cui un bambino impara a guardarsi è la famiglia. È tra le mura di casa che si crea il primo rapporto con il corpo. Se quel rapporto è fatto di accoglienza, affetto e rispetto, allora il bambino cresce sapendo che il proprio corpo ha valore a prescindere dai giudizi altrui. Se invece è un ambiente in cui commenti negativi o pressioni estetiche sono frequenti, quel bambino rischia di interiorizzare l’idea di essere sbagliato.

Molti giovani raccontano che le prime frasi a ferirli non arrivano dai compagni, ma dai genitori stessi: inviti a mangiare meno, osservazioni sul peso, battute sulle “forme”, confronti con fratelli o sorelle, o commenti sarcastici su altre persone (“guarda come si è ridotta quella”, “quel ragazzo è inguardabile”). Parole dette senza cattiveria consapevole, forse per abitudine o superficialità, ma comunque devastanti.

Eppure, la famiglia può essere anche il primo e più potente scudo. Genitori capaci di ascolto e dialogo, che prendono sul serio la sofferenza dei figli, che non minimizzano, che non deridono le loro paure, possono cambiare il destino emotivo di un ragazzo. Aiutano a costruire una percezione di sé più stabile, basata non sul giudizio esterno ma sul riconoscimento del proprio valore.

La scuola: il luogo dove si impara (o si disimpara) il rispetto

La scuola è il centro della socializzazione, il luogo in cui i giovani costruiscono identità, relazioni, aspirazioni. E proprio perché è uno spazio condiviso, è anche il posto in cui il body shaming può esplodere più frequentemente. A scuola ci si confronta ogni giorno: nel corridoio, in classe, in palestra, negli spogliatoi. È lì che molti ragazzi e ragazze raccontano di sentirsi osservati, giudicati, esposti.

Il body shaming a scuola può assumere forme diverse: commenti espliciti, sguardi di scherno, imitazioni, fotomontaggi, oppure esclusioni mirate. In ogni caso, il messaggio è lo stesso: il tuo corpo non va bene.

Ma la scuola può essere anche il contrario: un luogo di guarigione, di protezione, di educazione alla tolleranza. Sempre più istituti stanno introducendo percorsi di educazione emotiva, attività contro il bullismo digitale, incontri con psicologi, momenti di confronto sui modelli estetici. Sono strade importanti, che però devono diventare sistematiche, continue e condivise. Non basta una giornata di sensibilizzazione per cambiare un clima culturale. Serve una comunità scolastica che lavori unita e che faccia del rispetto una regola chiara, non negoziabile.

Il ruolo dei social network: specchi distorti e amplificatori di odio

Il corpo dei giovani oggi vive anche nei social network: esposizione, imitazione, ossessione, ci sono molte forme che questa esposizione può assumere. Tra filtri irrealistici e montaggi, sulle piattaforme si confrontano con modelli estetici che premiano chi appare “perfetto”, commenti anonimi che arrivano a ondate, commenti violenti che denigrano senza filtri. L’online amplifica tutto, nel bene e nel male.

Alcune dinamiche, però, sembrano più pericolose di altre:

  • La derisione pubblica, perché una foto o un video pubblicati per scherno possono fare il giro di un’intera scuola in pochi minuti e rimanere online per anni.
  • Il confronto ossessivo, perché i filtri e le modifiche grafiche creano un mondo in cui nessuno appare davvero com’è, spingendo molti adolescenti a non riconoscersi più allo specchio senza ritocchi.

Molti ragazzi raccontano di sentirsi inadeguati non per qualcosa che gli altri hanno detto, ma per quello che vedono scorrere sullo schermo ogni giorno. È una pressione silenziosa, costante, che erode l’autostima come una goccia che scava la roccia.

L’impegno di Terre des Hommes contro ogni discriminazione, anche fisica

Come adulti abbiamo un’enorme responsabilità. Possiamo scegliere un linguaggio diverso, capace di non ferire. Possiamo mostrare ai giovani che esistono infiniti modi di essere corpo e che nessuno di essi è sbagliato. Possiamo intervenire quando vediamo un ragazzo in difficoltà, e soprattutto possiamo educare alla gentilezza, alla tolleranza, all’inclusione.

Il body shaming non è solo un problema individuale: è una questione collettiva che riguarda la società che vogliamo costruire. È una battaglia per i diritti umani, per l’uguaglianza, per la dignità dei più giovani. È un invito a cambiare il modo in cui guardiamo noi stessi e gli altri, a far sì che nessun bambino cresca credendo che il proprio corpo sia un difetto.

Sul tema del body shaming abbiamo dedicato uno spazio nell’edizione 2019 di Stand Up For Girls, con l’esilarante intervento della giornalista Alessandra De Tommasi che raccontava la sua personale esperienza (in fondo a questa pagina).

Nei nostri percorsi per le scuole e le reti giovanili come il Network Indifesa affrontiamo sempre il tema della violenza, degli stereotipi e delle discriminazioni in tutte le loro declinazioni, tra cui il body shaming. 

Inoltre, con il progetto Restars abbiamo offerto assistenza agli adolescenti in ritiro sociale, alcuni dei quali vittime di body shaming.

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